Più di un mese e mezzo di massima allerta nel nord Israele. I media e la popolazione, sopraffatti da una enorme mole di notizie diverse, se ne dimenticano ma i militari, gli ufficiali, i membri della intelligence israeliana sanno che prima o poi la vendetta di Hezbollah per l’uccisione di un importante agente avvenuta a luglio a Damasco e attribuita a Israele, arriverà.
Anzi, a dire il vero ci hanno già provato almeno due volte. La prima quando Hezbollah ha inviato tre combattenti oltre il confine per aprire il fuoco su un avamposto ad Har Dov (Shaba Farms), Israele ha lanciato un “attacco di avvertimento” aereo, quindi gli intrusi si sono affrettati a tornare oltre il confine. La seconda quando alcuni cecchini hanno preso di mira un gruppo dell’intelligence israeliana vicino al kibbutz di Manara, anche in quel caso messi in fuga dalla reazione dei militari di Gerusalemme.
Ma il capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, vuole la sua vendetta a costo di scatenare una guerra. Vuole uccidere almeno un soldato israeliano prima di ordinare il ritorno alla calma al confine tra Libano e Israele.
In un breve discorso via radio tenuto ieri Nasrallah ha negato che gli israeliani avessero sventato i due tentativi di vendetta. Tuttavia si è detto molto felice del fatto che lungo il confine i militari di Gerusalemme siano costretti a vivere in costante allerta.
Ed effettivamente la vita dei militari israeliani lungo il confine nord non è affatto facile. Costantemente in stato di allerta e senza un attimo di respiro.
Secondo un noto giornale israeliano l’Iran avrebbe vivamente sconsigliato a Nasrallah di andare verso una escalation con Israele, ma sembra che il leader di Hezbollah non voglia sentire ragioni e ha ricordato agli alleati iraniani che anche loro stanno tramando la loro tremenda vendetta contro gli Stati Uniti per l’uccisione di Qassem Soleimani. Iran ed Hezbollah non dimenticano.