Sull’orlo della bancarotta finanziaria, il Libano non può permettersi il lusso di essere un attore protagonista delle guerre iraniane per procura. Eppure suo malgrado rischia di diventarlo.

Hezbollah può trascinare il Paese dei Cedri in un conflitto con Israele che questa volta non si limiterà al solo sud del Paese.

Lo sanno benissimo a Beirut, per questo stanno lavorando per limitare le provocazioni di Hezbollah nei confronti di Gerusalemme.

Lo schiaffo israeliano a Nasrallah

Pochi giorni fa il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, aveva minacciato di abbattere qualsiasi velivolo israeliano violasse lo spazio aereo libanese. La risposta israeliana non si è fatta attendere.

Poche ore dopo l’aviazione di Gerusalemme colpiva in profondità il Libano bombardando una base del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina – Comando generale, nella valle della Bekaa.

Uno schiaffo in faccia ad Hassan Nasrallah e un messaggio chiaro che ha fatto capire anche a Beirut che questa volta Israele non scherza e che in caso di conflitto non sarà solo Hezbollah a pagare ma tutto il Paese.

Il cambio di strategia imposto dal Generale Aviv Kochavi

Il Generale Aviv Kochavi

Per molti anni Israele ha subito una sorta di “sindrome libanese”. Non dico che ha permesso ad Hezbollah di fare ciò che voleva, ma ha colpito in maniera troppo sporadica e soprattutto non ha impedito (o non glielo hanno permesso) che il gruppo terrorista libanese si rinforzasse sensibilmente.

Qualcosa l’IDF aveva cambiato sotto il comando del Generale Gadi Eizenkot, ma non era ancora sufficiente. Con l’avvento del Generale Aviv Kochavi le cose sono invece cambiate radicalmente.

Ora l’IDF non si limita più ad azioni “di contenimento” ma è passato ad azioni più incisive volte ad anticipare le mosse di Hezbollah seppure sempre in ottica difensiva.

È cambiata l’intelligence, fortemente rafforzata proprio sul fronte nord. È cambiato il sistema di attribuzione delle priorità degli obiettivi da colpire.

La creazione di un grande centro di intelligence sul Golan e il potenziamento di “Fort Zion” al comando del IDF di Tel Aviv hanno permesso operazioni importantissime come l’operazione Northern Shield che ha permesso di sbaragliare la rete di tunnel di Hezbollah che minacciava seriamente la Galilea e altre importanti operazione indirizzate ad impedire l’arrivo di armi iraniane ai terroristi libanesi e il radicamento iraniano in Siria.

Complessivamente l’IDF sotto la guida del Generale Aviv Kochavi è diventato ancora più incisivo e decisivo. Non si fa più scrupolo di colpire obiettivi in Libano e in Siria se minacciano la sicurezza di Israele.

A Beirut hanno capito che Gerusalemme non scherza

Questo evidente cambio di strategia non è sfuggito al Governo libanese il quale ha capito che questa volta una guerra tra Israele ed Hezbollah non potrà non interessare l’intero territorio libanese.

Nasrallah è preso tra due fuochi. Da un lato gli iraniani che premono per un attacco contro Israele, dall’altro il Governo libanese (di cui Hezbollah è una componente) che non vuole tornare all’età della pietra visto che già si trova in grandissime difficoltà e fa pressioni sempre più pesanti affinché il gruppo terrorista teleguidato da Teheran non inizi un conflitto su larga scala con Israele.

Il prossimo mese inizieranno i colloqui, con la mediazione americana, sulla delimitazione di un confine marittimo tra Israele e Libano. In ballo ci sono enormi riserve di gas naturale da sfruttare, risorse che potrebbero finalmente riportare il Libano ai vecchi fasti. Un conflitto con Israele renderebbe tutto inutile e questo Beirut non se lo può permettere.

Il problema sono gli iraniani che non possono fare a meno di Hezbollah per aprire quel importantissimo “fronte nord” che serve a Teheran per portare a compimento il suo piano contro Israele.

Per questo gli iraniani se ne fregano delle conseguenze che potrebbe avere per il Libano un conflitto tra Hezbollah e Israele.

E di certo il silenzio della comunità internazionale su questo rischio imminente non aiuta il Libano ad uscire dalla morsa in cui è stretto dall’Iran e da Hezbollah.