Chi non aveva avuto dubbi sul Premio Nobel per la pace conferito al Presidente americano poco più di un anno fa, alzi la mano. Già allora sembrava un premio conferito solo sulla base di “buone intenzioni” e non su una effettiva propensione alla pace e al rispetto dei Diritti. La vicenda che sta colpendo Wikileaks in questi giorni né è la prova.
Come chiamare il terribile attacco a cui è sottoposto il sito che ha rivelato i segreti della diplomazia americana se non con l’appellativo di “attacco alla libertà di stampa e alla libera diffusione di informazioni che non mettono a rischio singoli individui e categorie”? E si perché, a differenza di quanto avvenuto con la diffusione dei file riguardanti l’Iraq dove effettivamente si poteva configurare un certo rischio per le truppe americane ancora in Iraq e in Afghanistan, con la diffusione dei file sui documenti inviati dalle ambasciate americane al Dipartimento di Stato, non si mettono a rischio militari americani o cittadini americani nel mondo. Al limite si mette a nudo una certa arroganza della diplomazia americana, qualche preoccupazione, qualche gossip, ma niente altro.
Allora, perché attaccare così ferocemente il sito di Wikileaks? Oggettivamente mi sembra inevitabile parlare di “censura globale” e di “tentativo di oscuramento della verità”. L’America, da sempre patria del Diritto e del rispetto della libertà di stampa, in poche ore si è trasformata nel grande censore globale, addirittura peggiore della Cina che almeno attua la censura solo a livello locale. L’amministrazione americana invece agisce a livello globale intervenendo sui server che ospitano il sito di Wikileaks, sui servizi di donazione online, ben sapendo quale importanza ricoprano per l’organizzazione e addirittura con minacce sugli Stati che ospitano i server di Wikileaks, come è successo ieri per la Svizzera sibillinamente minacciata dal Dipartimento di Stato americano.
Non c’è che dire, un atteggiamento che non fa certo onore al Premio Nobel per la pace che in teoria dovrebbe difendere tutti i Diritti e lottare contro la prepotenza dei potenti. O almeno noi un Premio Nobel per la Pace ce lo immaginiamo così. Lo stesso Obama non ha mancato di criticare la censura attuata dai regimi totalitari come la Cina, l’Iran, il Venezuela, Burma e tanti altri. Ma poi quando la libera stampa colpisce gli Stati Uniti cosa fa? Si comporta esattamente come (se non peggio) quei regimi che aveva giustamente attaccato. Che dire? Il Premio Nobel per la pace gettato letteralmente alle ortiche.
Tamara Rinaldini
Seguici su…