Oggi è il giorno di Putin, il grande burattinaio che sta cambiando il volto politico del Medio Oriente. Il presidente russo, dopo che ieri ha parlato con i maggiori leader mondiali tra i quali Trump, Netanyahu e il Re saudita Salman, oggi incontrerà a Sochi, in Russia, i capi di Stato di Turchia e Iran per decidere la spartizione della Siria.

Il vertice di oggi è quello che il giornalista de la Stampa, Giuseppe Agliastro, ha definito «la Yalta del Medio Oriente», qualcosa cioè che serve a Russia, Iran e Turchia per definire le rispettive aree di influenza in Siria, con Assad che non può fare altro che da spettatore interessato.

Ieri Putin e Assad si sono visti per un incontro pre-vertice e subito dopo il Presidente russo ha fatto il suo giro di telefonate ai leader interessati agli sviluppi geopolitici in Medio Oriente. Naturalmente non è dato sapere cosa si siano detti e cosa Putin abbia anticipato, di sicuro si sa che Netanyahu ha ribadito la posizione di Israele sulla Siria e cioè che Gerusalemme non permetterà la presenza di una forza permanente iraniana in Siria.

Secondo quanto diffuso dall’ufficio del Primo Ministro israeliano, Putin e Netanyahu hanno parlato al telefono per circa mezzora. Il Premier israeliano ha ribadito con forza la posizione dello Stato Ebraico e ha messo in evidenza i punti focali che interessano gli israeliani, primo tra tutti la sicurezza di Israele, sulla quale Netanyahu non è disposto a scendere a compromessi. La presenza di truppe iraniane o di gruppi armati legati a Teheran in Siria è una minaccia per Israele, su questo il Premier israeliano è stato più che chiaro. E siccome la priorità per Gerusalemme è proprio la sicurezza, nel caso (purtroppo molto probabile) che nella spartizione della Siria gli iraniani ottengano o pretendano di potersi posizionare in pianta stabile in territorio siriano, Israele sarebbe praticamente costretto a intervenire.

Ma i problemi della Siria non sono tutti qui, c’è il problema curdo che interessa la Turchia e che potrebbe ben presto trasformarsi in un nuovo conflitto e ci sono ancora sacche di resistenza sia da parte di Daesh che da gruppi legati ad Al Qaeda, problemi che proprio l’Iran potrebbe usare (come ha fatto in passato) per giustificare la sua presenza in territorio siriano.

Domani sarà tutto più chiaro ma temiamo che la guerra in Siria non sia affatto finita, si è solo a un passaggio cruciale che definirà solamente i prossimi conflitti.