Muoiono più migranti nella traversata del deserto del Sahara che nella traversata del Mediterraneo, solo che dei morti nel deserto non ne parla mai nessuno ed è praticamente impossibile quantificarli. E’ quanto ci ha detto un operatore umanitario che opera a cavallo tra il Niger e la Libia.
«Il deserto è spietato» ci dice Daren S. Onyejekwe, collaboratore della Croce Rossa locale «un guasto al veicolo per il trasporto vuol dire morte quasi certa». E alla domanda su quanti siano i veicoli che si guastano nel deserto Daren Onyejekwe allarga le braccia: «tanti, sono veramente tanti, sia per le loro cattive condizioni che per il gran numero di migranti che caricano» ci spiega Daren. «A me è capitato diverse volte di trovare i loro corpi. Ma sono tanti i miei colleghi che raccontano di vere e proprie stragi del deserto» ci dice ancora Daren. «I Trafficanti caricano i veicoli all’inverosimile» continua «specialmente con quelli che non possono pagare o che non possono pagare la “traversata sicura”. Una macchina dei trafficanti segue il camion da vicino per recuperare l’autista in caso di guasto e se il guasto avviene, ed avviene spesso, recuperano l’autista lasciando tutti gli altri a morire di sete».
Chiediamo il perché sia così difficile avere un’idea, anche approssimativa, dei migranti morti nel deserto e Daren Onyejekwe allarga nuovamente le braccia. «Prima di tutto le piste sono diverse, non c’è solo una pista, poi il deserto copre in fretta i corpi, molto in fretta. Se guardate le agenzie noterete che capita ogni tanto di trovare tracce delle stragi, 40 morti a maggio, più di 90 a giugno e altri 50 sempre a giugno mentre oltre 600 sono stati salvati per un pelo. Ogni mese, da gennaio a oggi, ci sono ritrovamenti delle tracce di stragi, ma quantificare le vittime è impossibile perché il deserto fa presto a cancellare le tracce. Sono certamente nell’ordine di diverse migliaia».
Un altro operatore che però non vuole essere nominato ci spiega che i camion, spesso molto vecchi e malandati, vengono letteralmente sovraccaricati. Ai migranti viene concesso di portare con se solo pochi litri d’acqua che finiscono quasi subito. «Molti muoiono anche se il camion non si guasta, muoiono di stenti o schiacciati» ci dice. «Poi i trafficanti, una volta arrivati a destinazione, fanno sparire i corpi».
Al confine tra Niger e Libia, tra Niger e Ciad, tra Niger e Nigeria e tra Niger e Mali vi sono diversi punti di controllo finanziati dalla UE che in teoria dovrebbero servire a bloccare i migranti prima che entrino nel deserto, ma l’area da controllare è troppo vasta e i controlli sono del tutto inefficaci. A Dirkou le “operazioni di carico” avvengono praticamente alla luce del sole senza che nessuno dica o faccia nulla. La corruzione di funzionari è cosa normalissima da queste parti dove i migranti sono il business più lucroso.
Il giornalista della BBC, Martin Patience, ha scritto decine di rapporti sulla situazione dei migranti in Niger e in Libia. E’ stato lui il primo a percorrere la via dei migranti che parte dalla città nigeriana di Benin e arriva a Dirkou, in Niger. «Ogni anno decine di migliaia di migranti attraversano il Sahara per raggiungere la Libia e da qui l’Europa, il loro sogno. Molti muoiono per attraversare il Mediterraneo e sono sotto gli occhi di tutti, ma in pochi conoscono la tragedia dell’attraversamento del deserto» dice il giornalista. E i morti del deserto sono migliaia.
La scorsa settimana a seguito di un drammatico servizio della CNN la situazione dei migranti in Libia è balzata prepotentemente all’onore delle cronache, ma la situazione in Libia è la conseguenza di quello che avviene in Niger e in Mali, non solo dell’accordo tra la UE e il Governo libico. Anzi, se proprio vogliamo essere fiscali, l’accordo tra la UE e Tripoli nasce come risposta all’impossibilità di arginare il flusso di disperati a sud della Libia. Noi parliamo di trafficanti di esseri umani libici, ma il vero traffico di esseri umani parte da molto più lontano, dalla Nigeria e soprattutto dal Niger dove le organizzazioni criminali di trafficanti di esseri umani pullulano e prosperano indisturbate.
La radice del problema non è in Libia come siamo soliti credere, la radice del problema è molto più a sud. Non ci sono solo i morti a favore di telecamera del Mediterraneo, i morti del deserto sono molti di più anche se non si vedono, anche se non ci sono telecamere a riprendere i loro corpi. E il fatto che le ONG, così prodighe di interventi nel Mediterraneo, trascurino totalmente la vera fonte del traffico di esseri umani lascia aperti molti dubbi sulla loro onestà morale di cui tanto vanno fiere, questo naturalmente senza nulla togliere alla gravità della situazione nei campi di detenzione libici.
Già in passato abbiamo mosso critiche costruttive alle ONG, non critiche a prescindere o spinte da mere ideologie anti-migranti, più volte alcuni di noi hanno parlato della necessità di implementare piani di sviluppo non solo progetti di sviluppo. Ma adesso la vera emergenza è in Niger, adesso occorre pensare a come fermare la fiumana umana prima che entri nel deserto, lo dobbiamo fare per non costringerli a rischiare la vita prima nel deserto, poi nei campi di detenzione libici e infine nel Mediterraneo. Questo sarebbe veramente umano, questo dovrebbero fare le ONG invece di aspettarli al largo delle coste libiche, almeno se vogliono veramente fare il bene dei migranti come dicono. Il problema si risolve alla fonte non alla meta.
A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca, e allora ci chiediamo come mai nessuno in occidente si curi o parli delle migliaia di morti del Sahara, perché nessuno pensa di andare a fermarli prima che vadano a morire nel deserto invece di aspettare i superstiti nel Mediterraneo. Certo, si interromperebbe la catena del grande business della immigrazione, ma non è forse quello che vogliamo?