Quanto vale il business palestinese? Miliardi di dollari ogni anno. Ci sono intere agenzie ONU, come la UNRWA, che vivono solo grazie al business palestinese, ma anche centinaia di ONG e associazioni che senza questo lucroso business non potrebbero vivere.
Vi siete mai chiesti come mai al Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu pensano solo a Israele e alla questione palestinese mentre il mondo va in fiamme con centinaia di casi di palesi violazioni dei Diritti Umani, in mezzo a regimi autoritari come quello iraniano o quello cinese, genocidi in corso come quello in Siria, situazioni gravissime come quella in Venezuela o in Eritrea? Come può non saltare all’occhio che anche ieri il Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu si è riunito per parlare del fatto che dopo l’attentato di Tel Aviv Israele ha cancellato i permessi per migliaia di palestinesi che in occasione del ramadan volevano andare a Gerusalemme e non ha parlato minimamente per esempio della situazione in Siria o della gravissima crisi in Venezuela? Non hanno nemmeno condannato l’attentato di Tel Aviv mentre hanno espresso “sconcerto” per la decisione di Israele di vietare l’ingresso dei palestinesi nel suo territorio proprio a causa di quell’attentato. Non vi sembra che tutto questo stoni leggermente con un organismo che in teoria dovrebbe tutelare i Diritti Umani nel mondo ma che ha ai suoi vertici l’Arabia Saudita e tra i suoi membri di quest’anno la Cina, Cuba, la Russia, il Venezuela e il Burundi? Non vi stona che nonostante centinaia di migliaia di morti e oltre 10 milioni di sfollati provocati dalla guerra in Siria il Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu non ritenga di doverne parlare ma che metta all’ordine del giorno i piagnistei palestinesi? A noi no, tutto questo non stona affatto perché sappiamo quanto vale in soldoni il business palestinese e quante pressioni ci siano perché non venga meno.
Ieri all’Onu qualcuno ha provato a portare all’attenzione del Consiglio la drammatica situazione di Eritrea e Venezuela, ma non c’è stato nulla da fare, la questione all’ordine del giorno è stata quella dei permessi negati da Israele ai palestinesi dopo l’attentato di Tel Aviv. Altri hanno provato a portare all’attenzione del Consiglio la drammatica situazione dei profughi siriani, ma in fondo cosa sono 10 milioni di rifugiati in situazioni disperate di fronte a un pugno di palestinesi piagniucolanti che non possono andare da Gaza a Gerusalemme per il ramadan?
Qualcuno dice che la questione è politica e che come sempre i palestinesi vengono usati per danneggiare Israele, il che in parte è vero, ma la vera questione sono le pressioni della “grandi” organizzazioni per la difesa dei Diritti Umani e di quelle organizzazioni come la UNRWA che vivono e prosperano solo grazie a questa storia infinita. Se uno come John Fisher, direttore dell’ufficio ginevrino di Human Rights Watch, arriva a dire che «si, forse è vero che il Consiglio dei Diritti Umani dedica troppa attenzione a Israele e poca a problemi ben più seri, ma molti dei problemi in Medio Oriente derivano dalla questione palestinese» allora le questioni sono due: o John Fisher è un incompetente, il che lo escludiamo, oppure più semplicemente mente sapendo di mentire e lo fa per mero interesse. Il rinnovo del mandato alla UNRWA vale svariati miliardi di dollari (ancora la UNRWA non ci ha fornito i suoi bilanci nonostante li abbiamo chiesti da diverso tempo e ci siano dovuti in quanto trattasi di ente internazionale) e da quello dipende anche il destino di molte ONG e associazioni che operano in sub-appalto per loro e tra queste ci sono anche queste “grandi” organizzazioni per la difesa dei Diritti Umani. Quale miglior modo per ottenere il rinnovo del mandato se non quello di avere il supporto del Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu e delle “grandi” organizzazioni per i Diritti Umani?
Campagna per la chiusura della UNRWA
Scritto da Sonia M.