Gerusalemme, la domenica dei cristiani scorre come al solito tra una funzione e capannelli di persone che dopo la messa si ritrovano brevemente a discutere di quello che avviene nel mondo e della omelia appena ascoltata. Brevemente però perché nel quartiere musulmano di Gerusalemme i cristiani non sono ben visti e se si riuniscono in gruppi troppo numerosi fuori dalla Chiesa di Sant’Anna vengono guardati in cagnesco. Non è salutare rimanere troppo tempo in mostra.
L’argomento del giorno sono le parole di Papa Francesco e in particolare quella frase dedicata ai migranti che secondo il Papa «non sono il pericolo ma sono in pericolo» riportate dal sacerdote nell’omelia della domenica. C’è sconcerto tra i fedeli cristiani, non certo per le parole umanamente cristiane del Papa rivolte ai migranti, ma per il totale disinteresse del Vaticano alle drammatiche condizioni in cui versano i cristiani in Medio Oriente. Sconcerta che Papa Francesco non dica mai una parola di condanna o quantomeno di vicinanza. «E’ come se noi non esistessimo per il Papa» ci dice Matatyahu, un arabo cristiano che gestisce un negozio di souvenir nella Città Vecchia. Matatyahu ci ricorda di essere nato vicino a Betlemme quando ancora i cristiani erano oltre il 20% della popolazione, oggi sono appena il 2% e in molti stanno pensando di fuggire a causa della difficile convivenza con i musulmani. «Per noi che siamo sotto amministrazione israeliana le cose vanno bene, basta avere solo un po’ di prudenza nei quartieri musulmani che infatti si stanno svuotando dalla presenza cristiana (di qualsiasi confessione n.d.r.), ma per quei pochi rimasti dove non c’è l’amministrazione israeliana la situazione è gravissima» ci spiega Matatyahu. «Ma tutto questo non sembra preoccupare Papa Francesco» rincara la dose il nostro interlocutore. «Lo scorso settembre i musulmani hanno bruciato la chiesa di St.Charbal a Betlemme e nessuno ha osato dire nulla, nemmeno una flebile protesta. E non è l’unico caso» ci dice arrabbiato Matatyahu. «E’ giusto che Papa Francesco rivolga appelli umanitari per i migranti, ma quando si ricorderà di lanciare appelli anche per noi cristiani perseguitati in Medio Oriente?» conclude Matatyahu. Gli fa eco Butrus (Pietro) che ha dei parenti cristiani che vivono vicino a Gerico e ci racconta delle loro difficoltà a manifestare la loro religione e di come vengano pesantemente intimiditi dai musulmani e spesso costretti a pagare la Jizya, la tassa islamica imposta agli infedeli. «Per il Papa noi non esistiamo» ribadisce Butrus «e non parliamo poi dei nostri fratelli in Siria e in Iraq dei quali nessuno si interessa anche se stanno subendo un violenta pulizia etnico-religiosa».
C’è molto malcontento nella comunità cattolico-cristiana di Gerusalemme verso le politiche del Vaticano soprattutto dopo aver visto Papa Francesco abbracciare il grande Imam della moschea di Al-Azhar del Cairo, lo Sceicco Ahmed al-Tayeb, ritenuto da queste parti un vero nemico dei cristiani e del cristianesimo. Non è andata giù ai cristiani cattolici di Gerusalemme quello che loro credono essere un tradimento.
Avremmo voluto proseguire a lungo la conversazione e avremmo anche voluto chiedere qualcosa a qualche sacerdote, ma da queste parti regna la paura nonostante i militari israeliani siano poco distanti che ci osservano attentamente pronti a intervenire nel caso qualcuno ci dia fastidio. Quello che abbiamo capito in pochi minuti di colloquio (che vorremmo comunque approfondire) è che la comunità cattolica in Palestina è pesantemente infastidita dalla politica di Papa Francesco che loro accusano di totale disinteresse verso le persecuzioni dei cristiani in Medio Oriente. E come dargli torto? Qui si respira veramente un’aria pesante. A pochi metri c’è il territorio israeliano e li i cristiani sono protetti ma sembra lontano anni luce, un altro mondo.
Scritto da Sarah F. e Aaron T.
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