La fuga dalla Siria verso la Turchia è un salto nel buio, rischioso quanto la guerra stessa. Lo racconta Mojahed Abu al-Jood, giornalista siriano di Aleppo che lavorava alla ITV presso l’Aleppo Media Center. Ogni giorno decine di migliaia di siriani e iracheni cercano di raggiungere la Turchia in cerca di salvezza dalla guerra finendo così nelle mani della mafia turca e di corrotti funzionari governativi turchi che hanno fatto della disperazione un business milionario.

Per attraversare il confine tra la Siria e la Turchia occorre affidarsi ai trafficanti di esseri umani. Il costo dell’attraversamento è di 1.500 dollari a persona, bambini compresi. La tariffa non è trattabile, o si paga o si rimane intrappolati in Siria. Non ci sono “corridoi umanitari”, si passa attraverso sentieri di montagna impervi e pericolosi, si viaggia per giorni a piedi con i trafficanti che non ti danno respiro, che lasciano indietro chi non ce la fa.

Il racconto di Mojahed Abu al-Jood è impietoso e mostra in tutta la sua durezza le tremende difficoltà che devono superare i profughi siriani per mettersi in salvo. Le rassicurazioni turche sul trattamento “preferenziale” riservato a chi fugge dalla guerra in Siria si infrangono con la dura realtà raccontata da chi ce l’ha fatta ma che anche in Turchia rimane a forte rischio. «Sono fuggito dall’esercito di Assad e dai ribelli per ritrovarmi in balia dell’esercito turco. Sono fuggito dalla morte in Siria e la ritrovo in Turchia» ci dice al telefono Mojahed Abu al-Jood.

La mafia turca

Oltre al drammatico racconto quello che ci colpisce è il quadro generale che ne esce. I corridoi umanitari che la Turchia doveva aprire con l’area di Aleppo non esistono. I profughi vengono gestiti dalla mafia turca con l’aiuto di funzionari governativi turchi corrotti che li accatastano in improvvisati “centri di raccolta” dove avvengono indicibili fatti di violenza. Non hanno sbocco. Non possono né andare da qualche parte né sperare di tornare indietro. L’Europa è un miraggio così come un campo profughi attrezzato e magari gestito da personale delle Nazioni Unite. Non c’è niente di tutto questo. Chi riesce a raggiungere la Turchia viene costretto dai trafficanti di esseri umani a spedire messaggi falsi e tranquillizzanti a chi è rimasto in Siria ma vuole uscirne. «Va tutto bene, siamo arrivati e stiamo benissimo» è stato costretto a scrivere Mojahed Abu al-Jood a un suo conoscente rimasto ad Aleppo. E’ così che la mafia turca crea un business continuo. Chi riesce a raggiungere la Turchia non gode di nessuno status, tanto meno quello di rifugiato. Sono clandestini costretti a vivere nascondendosi con la paura di essere individuati dall’esercito turco e di essere rispediti in Siria. Sono nelle mani dei mafiosi turchi che dopo averli ingannati per farli partire li tengono (a pagamento) nelle loro strutture con la minaccia di consegnarli ai militari.

Senza umanità

Il racconto che ci vende Erdogan è quello di una Turchia impegnata nella protezione e nell’assistenza di chi fugge dalla guerra in Siria. Anche per questo l’Europa paga. E’ tutto falso. Se fosse vero a un profugo siriano basterebbe presentarsi al confine e passare invece di affidarsi ai trafficanti di esseri umani. Se fosse vero i profughi siriani non sarebbero costretti a nascondersi dai militari turchi ma li vedrebbero come una salvezza. Invece la realtà è completamente diversa. L’umanità è stata spazzata via dal Dio denaro, dagli interessi e dalla politica senza scrupoli di Erdogan che intende usare l’arma dei profughi siriani contro l’Europa mentre nel frattempo la mafia turca ci si arricchisce, anche con l’aiuto di coloro che dovrebbero garantire ai profughi siriani assistenza e protezione. Ad Antakya, punto di arrivo di chi fugge da Aleppo, tutti sanno quello che succede, è tutto terribilmente visibile, ma nessuno denuncia, nessuno fa nulla, l’ONU e le Ong non esistono, forse perché non c’è (più) nulla da guadagnare. I profughi siriani non hanno più nulla da dare e quel poco che hanno se lo prendono i mafiosi turchi. Antakya è diventata un grande centro di detenzione dove spesso la vita per i profughi siriani non è dissimile da quella da cui sono fuggiti. E quando se ne rendono conto è troppo tardi, hanno già perso tutto.

Nei giorni scorsi abbiamo chiesto all’Unione Europea se fossero a conoscenza della situazione dei profughi siriani ad Antakya e come avevano intenzione di procedere, se cioè avevano intenzione di ricordare ad Erdogan gli impegni assunti con l’Europa. Evidentemente a Bruxelles sono così impegnati sulle colonie ebraiche che quello che avviene in Turchia passa in secondo piano, anche se ci troviamo di fronte a una tratta di esseri umani indecente e disumana. Tutta la massa di persone in fuga dal nord della Siria è affidata unicamente alla Turchia che dopo averne fatto un business milionario per i mafiosi turchi ne fa un’arma di ricatto per l’Europa. Non un campo gestito da organizzazioni internazionali, non una via di fuga sicura, non un centro di raccolta degno di questo nome. In Siria erano carne da macello, in Turchia sono solo dollari e arma di ricatto verso l’Europa. Mai esseri umani. Passata la sbornia di indignazione per il piccolo Aylan, l’Europa li ha affidati a Erdogan. Occhio non vede, cuore non duole.