Non vorremmo che la politica estera di Donald Trump sia solo parole e Twitter. Non vorremmo che dopo i roboanti annunci pre-elettorali sul trasferimento dell’ambasciata americana a Gerusalemme, intenzioni finite nel dimenticatoio, anche quelle relative all’accordo sul nucleare iraniano finiscano per fare la fine di quel trasferimento tanto annunciato, che rimangano cioè solo dei Twitt.
Ieri sera il Presidente Trump, dopo che l’Iran aveva testato l’ennesimo missile in grado di colpire Israele, ha Twittato tutto il suo disappunto e ha accusato l’Iran di lavorare con la Corea del Nord prima di fare un vago riferimento all’accordo sul nucleare iraniano.
Iran just test-fired a Ballistic Missile capable of reaching Israel.They are also working with North Korea.Not much of an agreement we have!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 23 settembre 2017
Che l’Iran lavori a stretto contatto con la Corea del Nord è il segreto di Pulcinella, così come lo è il fatto che Pyongyang effettui test nucleari per nome e per conto di Teheran. Ma la situazione sta diventando davvero drammatica e le parole (o i Twitt) non bastano più. Non basta più mostrare i muscoli a parole perché se non si fa qualcosa di concreto per fermare velocemente questi due regimi di folli assassini si rischia seriamente di inviare un messaggio sbagliato, quello che gli Stati Uniti e i loro alleati hanno paura ad agire.
Abbiamo criticato Obama per i tanti errori fatti in politica estera e di certo non ci tireremo indietro nel criticare Donald Trump per la quasi assoluta inerzia dimostrata in questi primi mesi della sua presidenza. Il tempo passa, i nemici della democrazia si fanno sempre più forti e minacciosi e l’unica cosa che Trump è capace di fare e Twittare la sua “indignazione” condita da minacce più o meno credibili? Ci spiace, ma non ci basta. Non è abbastanza.
Abbiamo apprezzato il cambio di rotta nella politica Americana in Medio Oriente rispetto a quella disastrosa di Obama, abbiamo apprezzato le tante dichiarazioni di intenti espresse da Trump in più occasioni, ma dopo le parole vorremmo vedere almeno qualche fatto. Non possiamo aspettare altro tempo come ci chiedono di fare i sostenitori ad oltranza di Donald Trump. Il tempo è scaduto. Il tempo dei nomignoli da bambinetto dell’asilo (tipo il rocket man affibbiato al dittatore nordcoreano) e dei Twitt provocatori è passato, ora servono i fatti. La fiducia incondizionata a Donald Trump è finita.