Israele dovrà pagare un alto prezzo nei negoziati con l’Autorità Palestinese in cambio del trasferimento dell’ambasciata USA a Gerusalemme. A sostenerlo non è un qualsiasi analista critico del Presidente Trump ma lo stesso Donald Trump durante un comizio elettorale in West Virginia.
Anche chi riporta la notizia, il giornale israeliano di destra Arutz Sheva, non può certamente essere tacciato di essere critico del Presidente americano e anche se non aggiunge commenti a questa dichiarazione ripresa dalla Associated Press, l’imbarazzo appare evidente.
Cosa intende Donald Trump con questa dichiarazione che non lascia presagire nulla di buono per Israele? E soprattutto, Benjamin Netanyahu era al corrente che ci sarebbe stato un prezzo da pagare per il trasferimento dell’ambasciata USA a Gerusalemme? Non doveva essere una cosa scontata e giusta? Cosa è cambiato, se qualcosa è cambiato?
«L’Autorità Palestinese otterrà qualcosa di molto buono in cambio del trasferimento dell’ambasciata USA a Gerusalemme perché adesso è il loro turno di ottenere qualcosa» ha detto Donald Trump senza però specificare a cosa si riferisse.
I “buchi” nella politica estera di Trump
Se fino ad oggi la politica estera del Presidente Trump era sembrata agli amici di Israele “molto costruttiva” e senza dubbio rivoluzionaria rispetto a quella parzialmente ostile a Israele e ambigua implementata dall’Amministrazione Obama, oggi cominciano ad emergere buchi nella linea iniziale del Presidente Trump. Per esempio è della fine di luglio la notizia del passo indietro dell’Arabia Saudita nei confronti dell’avvicinamento alle posizioni di Israele e dell’occidente voluto dal Principe ereditario, Mohammed bin Salman (MBS). In poche ore Re Salman ha smontato mesi e mesi di lavoro del principe ereditario, un lavoro finalizzato ad un avvicinamento a Israele e a costringere l’Autorità Palestinese ad accettare il piano di pace messo a punto dal genero del Presidente Trump, Jared Kushner. C’entra qualcosa il passo indietro saudita con la dichiarazione di Trump? E se si, quale prezzo dovrà pagare Israele? Non sarà per caso la rinuncia a Gerusalemme Est? Oppure la cessione di terre dove attualmente sorgono gli insediamenti?
Una cosa è certa, la dichiarazione del Presidente Trump (per quello che vale una dichiarazione di Trump) apre scenari del tutto inaspettati ma soprattutto insinua il dubbio che il Presidente americano non sia amico di Israele a prescindere ma che lo sia solo se c’è un tornaconto per lui.
Ora rimane da capire quale sarà questo “alto prezzo” che dovrà pagare Israele, quale tornaconto ne verrà a Donald Trump e quali pressioni eserciterà il Presidente americano sul Governo israeliano.