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Decine di armi nucleari americane stanziate nella base turca di Incirlik sarebbero a rischio di furto da parte di terroristi o di forze ostili agli Stati Uniti e alla NATO. A sostenerlo è il Stimson Center, un think tank apolitico di Washington.

Da diversi mesi il Stimson Center lancia l’allarme sicurezza in merito a 50 ordigni nucleari di tipo B-61 stanziati nella base di Incirlik, in Turchia, a soli 110 Km dal confine con la Siria. A evidenziarlo è un rapporto del Stimson Center intitolato “B-61 Life Extension Program: Costs and Policy Considerations” nel quale il think tank americano analizza non solo la situazione in generale dell’arsenale atomico americano (costi, riduzione e ammodernamento) ma pone l’accento sui rischi che corre l’arsenale atomico stoccato in Turchia e in altri paesi europei, tra i quali anche l’Italia. Secondo Laicie Heeley, coautore del rapporto, tenere le armi atomiche nella base di Incirlik «dal punto di vista della sicurezza è come giocare a dadi, un gioco d’azzardo altamente rischioso». Quello che preoccupa Heeley è il fatto che le cose in Turchia possono cambiare in una sola notte, come ha dimostrato il recente tentativo di golpe e come dimostra l’attuale reazione di Erdogan, e questo per la sicurezza dell’arsenale atomico americano è un rischio troppo alto anche se le armi nucleari sono protette da un “significativo sistema di garanzie”.

A rincarare la dose è Steve Andreasen, direttore per il controllo della politica di difesa e armamenti della casa Bianca dal 1993 al 2001, il quale in un articolo sul Los Angeles Times ammonisce la Casa Bianca e la invita a ritirare le armi atomiche in Turchia il prima possibile. «Siamo in mezzo a un lungo periodo di incertezza politica in Turchia esacerbato da un crescente antiamericanismo» scrive Steve Andreasen, che pur ammettendo che i sistemi di difesa dell’arsenale nucleare sono ai massimi livelli si chiede perché gli Stati Uniti dovrebbero correre questo gravissimo rischio.

Il dibattito delle armi nucleari americane in Turchia va avanti da mesi negli Stati Uniti. Kori Schake, ricercatrice presso la Hoover Institution tende a tranquillizzare gli americani in un articolo scritto sul New York Times lo scorso mese di luglio nel quale afferma che le armi nucleari americane in Turchia sono sotto il controllo delle forze militari americane e sarebbero «difese ferocemente da truppe americane ben addestrate e attrezzate». Tuttavia in molti si chiedono perché si dovrebbe correre il rischio.

In mezzo a tutto questo dibattito di esperti e analisti, il Pentagono tace anche se in via informale ammette che ci sono dei piani per la rimozione di 180 armi nucleari di tipo B-61 di stanza in Europa (Belgio, Italia, Germania, Paesi Bassi e Turchia) ma che l’operazione di rimozione e ammodernamento costerebbe centinaia di miliardi di dollari.

Scritto da Adrian Niscemi