L’annuncio dell’uscita della Russia dalla Corte Penale Internazionale è solo l’ultimo colpo inflitto all’organismo ONU nato dallo Statuto di Roma, forse quello decisivo per la sua credibilità e di conseguenza per quella delle stesse Nazioni Unite.
Le ragioni dell’uscita della Russia dalla Corte Penale Internazionale (CPI) sono state spiegate con chiarezza da un comunicato del Ministero degli Esteri russo che recita: “Il presidente ha firmato un decreto dando corpo all’intenzione della Russia di non fare più parte dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale. La decisione sarà presto notificata alla Corte […] che non è mai stata all’altezza delle speranze in essa riposte, non divenendo mai un istituto veramente indipendente e autorevole in materia di giustizia internazionale. […] In 14 anni di attività la CPI ha pronunciato solo 4 verdetti nonostante una spesa superiore al miliardo di dollari”.
Prima della Russia erano già usciti dalla Corte Penale Internazionale diversi paesi africani (Burundi, Sudafrica e Gambia) mentre anche la Repubblica Democratica del Congo e le Filippine hanno già annunciato la volontà di uscirne. Ma secondo diversi analisti nelle prossime settimane si potrebbe assistere a una vera e propria emorragia.
I motivi di un fallimento non annunciato
A tal proposito va ricordato che né gli Stati Uniti né la Cina hanno mai firmato lo Statuto di Roma, cioè non solo due dei più importanti Paesi al mondo ma anche due dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu con diritto di veto, un fatto questo che pregiudica non poco il lavoro delle Corte Penale Internazionale visto che per per avviare un procedimento la CPI ha bisogno proprio dell’OK del Consiglio di Sicurezza. Per esempio, non c’è nessun procedimento aperto contro Bashar Al-Assad nonostante sia uno dei maggiori responsabili del massacro siriano e questo a causa dei veti di Russia e Cina. Proprio la guerra in Siria ha messo in evidenza i limiti della Corte Penale Internazionale anche se la Russia, che adesso ne esce denunciandone paradossalmente i limiti, è quella che si è messa di traverso contro una incriminazione di Assad. E la Siria è solo l’ultimo di una lunga lista di casi mai decollati a causa dei veti incrociati legati agli interessi della potenze mondiali. Insomma, con questo sistema il TPI non può funzionare e di certo non è un organismo indipendente.
ONU in crisi di credibilità
La crisi di credibilità della Corte Penale Internazionale arrivata a pochi giorni da quella mostrata dalla UNESCO con l’incredibile vicenda legata a Gerusalemme, rischia seriamente di coinvolgere le intere Nazioni Unite (e sarebbe anche ora) che anche con la Commissione dei Diritti Umani in mano ai peggiori regimi islamici mostra tutti i suoi limiti. Credo che sia chiaro a tutti che queste Nazioni Unite private di ogni obiettiva credibilità non solo sono inutili ma sono drammaticamente dannose per le democrazie, cioè fanno l’esatto contrario di quello che dovrebbero fare. Una Commissione dei Diritti Umani che emette decine e decine di risoluzioni contro la democrazia israeliana e solo una contro la Siria, una contro la Corea del Nord e addirittura nessuna contro l’Iran, l’Arabia Saudita o contro lo Stato Islamico, non lascia nessun dubbio sulla sua pericolosità e sulla sua totale mancanza di credibilità. Una totale riforma delle Nazioni Unite a questo punto non è più solo urgente, oggi è indispensabile per mettere fine allo stupro del Diritto Internazionale.
Scritto da Adrian Niscemi