Si chiamano Leviathan e Tamar i due principali giacimenti di gas offshore scoperti al largo delle coste di Israele e Libano. Non sono gli unici ma sono certamente quelli che stanno contribuendo a innalzare la tensione tra i due paesi confinanti e ancora virtualmente in guerra.
Ed è proprio la posizione geografica dei giacimenti ad aver scatenato la rissa, per ora verbale, tra Gerusalemme e Beirut. Il grosso dei giacimenti si trova in acque israeliane ma un piccolo lembo di quello di Tamar si inoltra in acque teoricamente del Libano, almeno secondo il Governo di Beirut il quale ne è così convinto che lo scorso dicembre ha indetto una gara d’appalto per lo sfruttamento dei giacimenti di gas offshore presenti nel tratto di mare libanese includendovi anche il famigerato “Blocco 9” che si trova in un tratto di mare conteso tra i due Paesi, un’area triangolare di circa 860 kmq che si estende lungo il bordo dei giacimenti.
A sfruttare i giacimenti libanesi dovrebbe essere un consorzio multinazionale composto dalla francese Total, l’italiana ENI e la russa Novatek, lo si saprà con certezza il prossimo 9 febbraio. Sul Blocco 9 invece ancora non ci sono certezze.
Il Ministro della Difesa israeliano, Avidgor Lieberman, la scorsa settimana ha invitato le aziende petrolifere internazionali a non fare offerte sul Blocco 9 in quanto quel tratto di mare non è nella disponibilità libanese. «Quella libanese è una grave provocazione» ha tuonato Lieberman durante una conferenza all’università di Tel Aviv. «Le imprese rispettabili che presentano una offerta commettono un grave errore in quanto la gara d’appalto indetta dal Libano è fuori da ogni contesto di Diritto internazionale. Esorto quindi le aziende a non commettere questo errore» ha concluso il Ministro israeliano.
Immediata e ai più alti livelli la risposta libanese. Ieri il Presidente del Libano, Michel Aoun, ha condannato duramente le parole di Lieberman. «Le parole di Lieberman sul Blocco 9 sono una minaccia per il Libano e per il suo diritto alla sovranità sulle sue acque territoriali» ha detto Aoun. Di «messaggi minacciosi al Libano» ha invece parlato il Primo Ministro libanese, Saad al-Hariri.
Non è la prima volta che Israele e Libano si lanciano messaggi minacciosi a causa dei giacimenti di gas offshore, ma oggi la situazione è molto diversa. Da diversi giorni i tamburi di guerra tra i due Paesi sono tornati a farsi sentire minacciosi. La tensione tra Israele ed Hezbollah è ai massimi livelli. Nei giorni scorsi il portavoce del IDF, Generale Ronen Manelis, in un raro intervento su un sito arabo aveva duramente avvertito il Libano sui pericoli di una guerra nel caso la presenza iraniana nel Paese dei Cedri fosse aumentata. «Il futuro dei cittadini libanesi è nelle mani di un dittatore che siede a Teheran» aveva detto il Generale israeliano.
Ed è in un contesto così teso che si inserisce la vicenda dello sfruttamento dei giacimenti di gas, una questione veramente spinosa che rischia di diventare, se non un vero e proprio “casus belli”, almeno la fonte di una pericolosa escalation.