Come non ringraziare l’ex Presidente americano, Donald Trump, per aver spostato l’ambasciata americana in Israele a Gerusalemme, non fosse altro che per il palese riconoscimento di Gerusalemme quale capitale dello Stato Ebraico.
Come non ringraziarlo per essere uscito da quel disastro che era l’accordo sul nucleare iraniano negoziato da Barak Obama e da Federica Mogherini?
E dell’uccisione del Generale Qassem Soleimani, capo della fantomatica Forza Quds, reparto d’elite del Corpo delle Guardie della Rivoluzione iraniana, ne vogliamo parlare?
E come faremmo a non ringraziarlo per il taglio dei fondi alla UNRWA, una agenzia ONU dedicata unicamente ai palestinesi che più di una volta ha fomentato odio anti-ebraico e addirittura usato le loro strutture come magazzini per le armi di Hamas.
E come potremmo dimenticare tutto quello che ha fatto per avvicinare Israele ai paesi arabi contribuendo a isolare l’Iran e gli stessi palestinesi? Mai un Presidente americano aveva fatto tanto in tal senso. Lo dico davvero con estrema sincerità.
Tuttavia… beh, tuttavia si ha la sensazione di trovarsi di fronte a una grande incompiuta.
Non lo dico perché a me Trump non è mai piaciuto, credo di avergli riconosciuto sempre quello che di positivo ha fatto, lo dico perché è la sensazione che mi ha lasciato la fine dell’Amministrazione Trump.
Per esempio, l’uscita dall’accordo sul nucleare iraniano avrebbe avuto un senso se alle sanzioni si fosse affiancata una seria minaccia militare non appena l’Iran – come è poi avvenuto – avesse ripreso l’arricchimento dell’uranio oltre i limiti consentiti o comunque avesse in qualche modo ripreso il programma nucleare.
Invece non solo questa minaccia non c’è mai stata, ma alla durissima reazione iraniana seguita all’uccisione di Soleimani, il Presidente Trump non ha fatto semplicemente nulla, come se avesse paura dell’Iran o, peggio, come se la reazione iraniana fosse stata “telefonata”.
Il risultato di tutto questo è che oggi ci ritroviamo gli iraniani che hanno ripreso allegramente il loro programma nucleare (nonostante sanzioni e pandemia) e che Trump ha dato la nettissima impressione che sul nucleare iraniano non avesse alcuna strategia, che insomma navigasse a vista.
In Medio Oriente, almeno per quanto mi riguarda, non gli perdonerò mai di aver venduto ai turchi gli eroici combattenti curdo-siriani, di aver detto ad Erdogan “prego si accomodi”. Certo, poi un passetto indietro lo ha fatto, più perché pressato dall’indignazione mondiale che per altro, ma davvero poca cosa.
Ecco, con Erdogan non ho mai capito cosa volesse fare. Ha taciuto praticamente su tutto, su tutte le malefatte del capo della Fratellanza Musulmana. In tutto ha bloccato temporaneamente la consegna dei caccia F-35 alla Turchia dopo che il successore di Abu Bakr al-Baghdadi aveva comprato dalla Russia il sistema missilistico S-400. E sono quasi sicuro che non sia stata una sua decisione.
In Medio Oriente ha polarizzato il suo sostegno su Israele e Paesi Arabi del Golfo, cosa buona e giusta se questa mossa non avesse finito per creare un nuovo pericolosissimo mostro, quello turco-iraniano che tanti problemi darà (e non solo in Medio Oriente).
Magari le sue intenzioni erano di sistemare le cose nel secondo mandato, senza l’assillo della rielezione. Non lo sapremo mai. Per ora non possiamo fare altro che sperare che la nuova Amministrazione prosegua sulla strada tracciata da Trump e che magari, per esempio con la Turchia, sia decisamente più dura. Ormai l’Iran l’abbiamo perso e non rimane che la soluzione più dura. Speriamo che Joe Biden lo capisca.