In Siria, ad Aleppo, l’avanzata delle milizie di Hezbollah appoggiate dai pasdaran iraniani e dai raid aerei russi è inarrestabile. Macina morti come un frantoio macina olive, fa tabula rasa di tutto quello che incontra. Aleppo è ormai un cumulo di macerie sotto le quali ci sono decine di migliaia di morti civili. Uomini, donne e bambini, le bombe russe non fanno distinzione, i mortai di Hezbollah colpiscono a caso. Appunto, tabula rasa e chissenefrega dei civili.
Una marea umana si sposta da Aleppo e dai villaggi circostanti verso la Turchia in cerca di salvezza dalle bombe russe e dalle stragi indiscriminate di Hezbollah. Oltre 50.000 persone, forse di più, si stanno dirigendo verso il valico di Bab al-Salama che ironicamente in arabo significa “porta della pace”. Sono per lo più vecchi, donne e bambini. Raccontano cose raccapriccianti. Raccontano di immani stragi di civili sotto le macerie di Aleppo, di bombe a grappolo usate dai russi, dei mortai di Hezbollah che sparano a caso sulla città, dei pasdaran iraniani che hanno bloccato le vie di fuga verso il sud e che sparano sulle colonne di civili per respingerle verso il nord, verso la Turchia. Quella per la conquista di Aleppo non è una battaglia, è un mattatoio.
Ma in tutto questo macello (inteso proprio come macello) c’è un risvolto che ha del paradossale, quello del silenzio della stampa e della comunità internazionale sulla brutalità dell’attacco ad Aleppo da parte dell’esercito di Assad affiancato dagli Hezbollah, dai pasdaran iraniani e dai bombardieri russi. Ci si concentra sulla fiumana dei profughi siriani in fuga verso la Turchia ma non si dice una parola su coloro che sono in trappola nella ormai ex metropoli siriana, non si dice una parola sulle migliaia di morti civili vittime dell’attacco indiscriminato. Sono gli stessi media e la stessa comunità internazionale che lo scorso anno di indignava e faceva il diavolo a quattro per l’operazione difensiva israeliana “Margine Protettivo”. Non si sente un intellettuale o un “accademico” proferire parola sul mattatoio in cui è stata trasformata Aleppo, non si vede una protesta in nessuna università. Tutto tace ipocritamente. Anzi, non mancano i politici (soprattutto italiani) che non si fanno scrupolo di esternare il loro amore per gli assassini di centinaia di migliaia di civili siriani. Non serve fare nomi, basta leggere i giornali o farsi un giro sui social network. Dal M5S agli ex comunisti, dai rosso-bruni a nazi-fascisti, l’amore per i pasdaran iraniani, per i terroristi di Hezbollah, per il macellaio Assad e persino per il bombardiere Putin appare più che evidente in ogni loro esternazione. In compenso queste persone (per usare un eufemismo) non perdono occasione per ricordare il fantasioso “genocidio palestinese”. Se non fosse così serio ci sarebbe da ridere. C’è persino chi, come il premio Nobel José Saramago, paragona i territori palestinesi ad Auschwitz. La Siria, con i suoi oltre 300.000 morti, i suoi milioni di sfollati e le sue stragi quotidiane sembra invece un paradiso visto che questi intellettuali nemmeno la nominano. Il mattatoio di Aleppo può servire al massimo solo per rubare qualche foto e spacciarla per Gaza.
Non vorrei apparire troppo “critico” verso questi sub-umani, ma sembra quasi che traggano giovamento dal mattatoio di Aleppo, non solo nel prendere immagini e spacciarle per foto di Gaza o dei territori palestinesi, ma proprio perché amano così tanto gli sterminatori iraniani e di Hezbollah che ogni loro eclatante azione, che chiaramente comporta un bagno di sangue, è per questi personaggi una sorta di orgasmo cerebrale. E sono sicuro che quando avranno finito con il mattatoio di Aleppo avranno anche il coraggio di urlare alla “liberazione” della città ormai ridotta a un cimitero.
Scritto da Shihab B.