Da un lato il sollievo di aver evitato la quarta elezione nel bel mezzo della crisi provocata dal Coronavirus, dall’altro la consapevolezza che siamo di fronte a un nuovo governo del tutto atipico e che sembra studiato per non funzionare.
Il nuovo governo israeliano nasce con due teste che però non pensano all’unisono, non procedono di comune accordo.
Al contrario, sembrano procedere guardandosi in cagnesco con una testa, quella di Benny Gantz, che guarda l’altra, quella di Benjamin Netanyahu, con estrema diffidenza e sfiducia.
Già dalle prime dichiarazione appare chiaro che quello del Likud e del Partito Blue & Bianco, non è un accordo di unità nazionale ma è un semplice accordo politico che prevede la nascita di un governo basato su due blocchi ben distinti con due politiche fondamentalmente diverse.
Il fatto stesso che l’accordo preveda che a poter mandare via un Ministro non sia più il Premier ma, a seconda dello schieramento, uno dei due leader mentre l’altro non potrà cacciare ministri del blocco “avverso” senza il consenso della “parte opposta” (nemmeno se è Premier), la dice lunga sulla sfiducia reciproca su cui è basato questo nuovo governo.
L’accordo fissa la durata del governo in 36 mesi divisi in due periodi: il periodo di emergenza, cioè quello attuale, della durata di sei mesi rinnovabili, previo consenso dei due partiti, di tre mesi in tre mesi durante i quali non sarà possibile proporre nuove leggi che non siano legate alla crisi del Coronavirus. A seguire ci sarà poi il periodo di unità, più lungo di quello di emergenza che dovrà traghettare il Paese fuori dalla crisi del Coronavirus.
In sostanza abbiamo un governo diviso in due blocchi uguali e fortemente verticistici, dove nessuno può fare nulla senza il consenso dell’altro.
Per esempio, le strutture più basilari del governo, i suoi comitati più potenti – come il gabinetto di sicurezza, che ha il potere di dichiarare guerra, o il comitato legislativo ministeriale – sono divisi in base ai blocchi, con ciascun blocco che detiene un numero uguale di membri.
Ad una prima occhiata sembrerebbe giusto, fatto salvo il fatto che questo tipo di struttura sembra fatta apposta per non decidere, per rimanere impantanata nelle sabbie mobili delle differenze ideologiche e politiche.
E non è una bella cosa, specie in considerazione del fatto che oltre al Coronavirus Israele ha alle porte il nemico più temibile, l’Iran, saldamente posizionato in Siria e pronto a dare battaglia insieme al suo alleato storico, gli Hezbollah libanesi (a proposito, anche questa notte c’è stato movimento su quel fronte).
In un momento in cui a Israele servirebbe un governo snello e veloce nel decidere, lo Stato Ebraico si ritrova invece a fare i conti con un esecutivo in cui sarà quasi impossibile prendere una decisione e comunque non sarà possibile farlo in fretta.
Si poteva fare meglio? Non lo so, il periodo è quello che è oltre al fatto che tornare per la quarta volte alle urne sarebbe stato un suicidio e probabilmente non avrebbe cambiato nulla.
Tuttavia ci si sarebbe aspettato un accordo meno macchinoso, qualcosa che dava l’impressione che alla guida del Paese ci fosse un timoniere, magari circondato da tanti aiutanti, ma che il timone della nave fosse ben fermo. Una impressione che oggi non abbiamo.