Denaro e armi da una parte, denaro e progetti di sviluppo dall’altro. Iran e Israele tentano a loro modo di controllare Hamas e quindi la Striscia di Gaza tra malumori da parte israeliana e dubbi da parte iraniana sulla effettiva volontà di Hamas di aprire un fronte di guerra con Israele che potrebbe voler dire la sua fine definitiva.
In questi giorni non sono mancate le critiche al Premier israeliano, Benjamin Netanyahu, per non aver scatenato una offensiva nella Striscia di Gaza. Gli “interventisti” sostengono che accettare o addirittura proporre un generoso piano di cessate il fuoco di lungo termine con i terroristi palestinesi sia un segno di debolezza che non può che rafforzare Hamas.
Di contro chi appoggia la linea “prudente” del Premier israeliano fa notare come un attacco di terra alla Striscia di Gaza oltre che costare caro in termini di vite umane, avrebbe fatto il gioco di Teheran che tenta in tutti i modi di aprire il famigerato “fronte sud” che permetterebbe agli iraniani e ad Hezbollah di attaccare Israele da nord.
Il gioco è sottile e non privo di rischi. Netanyahu ha puntato tutto sull’obiettivo di sottrarre il controllo di Hamas agli iraniani che già nella Striscia di Gaza possono contare sulla Jihad Islamica. Se Teheran riuscisse a portare il gruppo terrorista palestinese dalla sua parte l’apertura di quel fronte sud tanto temuto da Premier israeliano sarebbe inevitabile.
Quella sul controllo di Hamas è una battaglia sotterranea che va avanti ormai da mesi. Gli iraniani promettono denaro e armi a volontà, gli israeliani puntano tutto sugli aiuti e sulla “rinascita economica” della Striscia.
Per il momento sembrano spuntarla gli israeliani. Il fatto che durante le proteste di confine di sabato scorso,la stragrande maggioranza della folla sia stata tenuta (da Hamas n.d.r.) lontana dalla barriera di confine è stato un messaggio molto forte verso Gerusalemme.
Ma l’equilibrio è molto precario. Hamas è perfettamente consapevole dell’importanza che ricopre la sua posizione e cerca di sfruttarla al massimo anche tenendo contro di tutte le variabili. Cedere alle proposte iraniane vorrebbe dire infilarsi in un tunnel senza uscita che potrebbe portare alla sua definitiva distruzione. Di contro accettare un compromesso con Israele senza ottenere il massimo possibile vorrebbe dire perdere ulteriormente di credibilità in un momento in cui a Gaza stanno esplodendo importanti proteste proprio contro Hamas.
Hamas a un bivio
Ora però Hamas è a un bivio. O decide di accettare la generosa proposta israeliana “ingrassata” dai soldi del Qatar, oppure si schiera con Teheran.
Nel primo caso darebbe il via ad un importante ciclo di sviluppo per la Striscia di Gaza (che è quello che chiedono i manifestanti), nel secondo caso non potrebbe esimersi dall’entrare in guerra con Israele.
Il problema della Jihad Islamica

Nel caso (molto probabile) che Hamas scelga di trattare con Israele si troverebbe però ad affrontare il problema della Jihad Islamica, un gruppo terrorista direttamente agli ordini di Teheran che tra le altre cose ha promesso agli Ayatollah di aprire il fronte di Gaza.
L’intelligence israeliana pensa che a scatenare gli ultimi attacchi contro Israele più che Hamas sia stata la Jihad Islamica.
Se Hamas dovesse scegliere la via delle trattative con Israele dovrebbe eliminare la Jihad Islamica e non è detta che sia semplice. Ma tenere il braccio armato di Teheran nella Striscia di Gaza vorrebbe dire accettare che i terroristi pagati dall’Iran continuino a provocare Israele fino a costringerlo a un intervento armato. Quindi non ci sarebbe altra scelta se non quella di intervenire armi in mano contro gli jihadisti finanziati da Teheran.
Come detto, non è una cosa semplice anche se Hamas avrebbe l’appoggio incondizionato di quasi tutto il mondo arabo se facesse una scelta di questo tipo.
La situazione è in continua evoluzione ma lo scontro sotterraneo tra Iran e Israele per il controllo di Hamas è senza esclusione di colpi. Se Teheran dovesse prevalere potremmo ben presto vedere la situazione precipitare. Hamas deve decide se fare per una volta gli interessi della popolazione di Gaza oppure cedere alle sirene iraniane.