La nuova pericolosa realtà nucleare iraniana

L’Iran è così vicino a una bomba nucleare che dobbiamo ripensare il modo in cui lo controlliamo. Questa è la conclusione di un nuovo rapporto del veterano ispettore nucleare David Albright e della collega Sarah Burkhard dell’Institute for Science and International Security. Entrambi sono analisti molto apprezzati e noti per basarsi sui fatti.

Anche se l’Iran ha aumentato l’arricchimento dell’uranio, la posizione dell’intelligence statunitense – il suo “mantra”, secondo i ricercatori – è stata a lungo quella di una pausa nella costruzione di armi. Ora non più. Il rapporto di luglio dell’Office of the Director of National Intelligence afferma che l’Iran ha “intrapreso attività che lo posizionano meglio per produrre un dispositivo nucleare, se decide di farlo”.

Che tipo di attività? Quanto tempo ci vorrebbe per produrre quell’ordigno? Non ci è dato saperlo. Se lo sapessimo, scrivono Albright e Burkhard, “verrebbero fuori alcune scomode verità: L’Iran può farlo troppo in fretta, e le attività iniziali per costruire la bomba potrebbero essere difficili da individuare e potrebbero precedere qualsiasi sforzo di arricchimento fino al grado di armamento”.

L’intelligence statunitense non si preoccupava molto della possibilità di costruire una bomba quando l’arricchimento iraniano non era ancora così avanzato. Per raggiungere il punto di rottura – arricchire l’uranio di grado militare per una bomba – l’Iran avrebbe dovuto evitare di essere individuato in diversi impianti per mesi. Le agenzie di intelligence avevano buone probabilità di accorgersene con il tempo sufficiente per reagire.

“La situazione è cambiata negli ultimi due anni, ma in modo drammatico nelle ultime settimane”, scrivono i ricercatori. All’Iran è stato permesso di arricchire l’uranio fino al punto di fuga e ultimamente ha ampliato un complesso fortificato cruciale vicino al villaggio di Fordow. “L’Iran può ora, ironia della sorte, evadere rapidamente, in pochi giorni, utilizzando solo la sua struttura profondamente sepolta di Fordow”, si legge nel rapporto.

Ciò significa che l’Occidente sta cercando i segnali sbagliati. “Non possiamo fare affidamento sull’esplosione come indicatore principale del fatto che l’Iran sta correndo verso la bomba”, scrivono. L’Iran potrebbe lasciarlo quasi fino alla fine, confidando che nessuno possa rilevarlo in tempo. “Se gli Stati Uniti vogliono seriamente impedire all’Iran di dotarsi di un’arma nucleare, l’individuazione di attività di weaponization nucleare è sempre più significativa come fattore scatenante dell’azione”.

Anche l’armamento è difficile da rilevare, e “non possiamo andare a chiedere all’Iran di farlo, come Axios ha riferito che gli Stati Uniti hanno fatto per alcuni sforzi di modellazione al computer, un’azione che fa sembrare ai funzionari statunitensi di aver vissuto sotto una roccia”, scrivono Albright e Burkhard. Molto di ciò che sappiamo è solo grazie all’archivio nucleare iraniano, rubato e portato fuori da Teheran da Israele nel 2018.

“L’Iran può produrre un’arma nucleare grezza molto più velocemente di quanto comunemente valutato”, avvertono i ricercatori. “Le prime valutazioni dell’Istituto concludevano che l’Iran poteva farlo in sei mesi. Oggi potrebbe essere più breve”.

Dal 7 ottobre abbiamo visto cosa fa l’Iran per procura e ad aprile ha lanciato 120 missili balistici direttamente contro Israele. Potremmo vederne ancora, mentre il Presidente Biden pratica la deferenza e l’alleggerimento delle sanzioni e nasconde al pubblico la verità che il regime rivoluzionario sciita potrebbe presto avere i mezzi per uccidere milioni di israeliani e di americani. Kamala Harris o Donald Trump impedirebbero una bomba iraniana? Anche questo è in votazione a novembre.