Tutto si può dire di Muʿammar Gheddafi meno che non avesse capito come Governare la Libia e, soprattutto, i libici.

In un discorso tenuto a Jamahiriya il 20 maggio 2009 ammise che con la sua rivoluzione avrebbe voluto creare «un modello di libertà, democrazia popolare e uno stato libero dall’oppressione e dall’ingiustizia» ma che aveva fallito, costretto dalle divisioni tra le decine di tribù a creare uno Stato dittatoriale.

Per Gheddafi era impossibile governare i libici adottando le misure democratiche che sognava di introdurre con la sua rivoluzione. Piuttosto per essere governata la Libia aveva bisogno di un uomo forte che tenesse unite, anche con l’uso della forza, tutte le tribù ed entità che la componevano.

Logicamente il discorso è opinabile. Tuttavia i fatti seguiti alla sua caduta dimostrano che Gheddafi sapeva esattamente quello che diceva.

Peccato che nessuno in occidente avesse capito il valore di quelle parole quando decisero di attaccare la Libia e di rovesciare il regime di Gheddafi.

gli arabi conoscono e rispettano solo la legge del più forte

Nonostante il dittatore libico considerasse la Libia un paese africano prima ancora che arabo (famose le sue critiche alla Lega Araba) era tuttavia convinto che per governare il Paese ci volesse una mentalità araba. In un colloquio con un inviato di Al Jazeera avvenuto nel marzo 2007 disse che «gli arabi conoscono e rispettano solo la legge del più forte» e che non sono quindi in grado di gestire la democrazia.

Anche questo è opinabile, ma anche in questo caso con il senno di poi e dopo le cosiddette “primavere arabe” è indiscutibile che il Rais avesse ragione anche in questa occasione.

Ora cosa succede? Succede che in Libia c’è un signore potentissimo, il Generale Khalifa Belqasim Haftar, che pur dicendosi nemico di Gheddafi sembra seguirne i “consigli” e soprattutto sembra aver capito che per governare la Libia serva il pugno di ferro e non la democrazia come vorrebbe imporre l’occidente, per di più con le persone sbagliate al timone del Paese.

Oggi che il Generale Haftar ha lanciato la sua offensiva contro il Governo cosiddetto “democratico” e riconosciuto internazionalmente del Premier Fayez al Serraj, tutti condannano l’offensiva contro Tripoli dimenticando ancora una volta la lezione di Gheddafi.

Persino Egitto, Russia e Francia, che stanno dietro al Generale Haftar, denunciano (o fanno finta di farlo) l’offensiva su Tripoli e chiedono che si arresti.

Tutti, dall’ONU all’Unione Europea passando per la Russia di Putin e per la Lega Araba, chiedono che in Libia si tengano libere elezioni e che si formi un governo democratico. Legittimo, chi non vorrebbe ovunque un Governo democratico? Peccato che non sia possibile, almeno non in Libia, almeno non adesso.

Lasciamo stare gli intrighi politici, soprattutto di Egitto e Francia, che stanno dietro al Generale Haftar. Lasciamo stare l’errore macroscopico dell’Italia di fissarsi su Fayez al Serraj puntando tutto su quella soluzione che solo ad un cieco non può che apparire inadeguata. Lasciamo stare tutto, ma vogliamo veramente dire che pragmaticamente parlando il Generale Haftar non ha ragioni da vendere?

Quando si parla di “mondo arabo” non si può purtroppo prescindere dal pragmatismo

Quando si parla di “mondo arabo” non si può purtroppo prescindere dal pragmatismo, non si può ragionare con la mentalità occidentale che sogna libere elezioni e democrazia ovunque. Come diceva Gheddafi, gli arabi conoscono e rispettano solo la legge del più forte.

Forse tra cento anni sarà diverso, forse in un futuro non lontano sarà possibile vedere un Paese arabo libero e democratico. Ma non ora. Ora è solo una utopia.

Personalmente dall’Italia mi sarei aspettato un approccio diverso. Il nostro Paese è quello che più di tutti ha legami con la Libia e ne conosce le dinamiche. Ecco perché escludere a priori di trattare con il Generale Haftar è stato un errore macroscopico, errore che per esempio non ha fatto la Francia che di questo passo finirà per sostituire l’Italia in Libia. E non credo che ce lo possiamo permettere.

Il pensiero di una democrazia è bello e lodevole, ma non paga, almeno non in Libia che sarà pure un Paese africano, come diceva Gheddafi, ma ha il cuore arabo, la mentalità araba e, soprattutto, non è pronto per la democrazia.

Ora, come tutte le cose che riguardano gli arabi, è difficile fare una previsione su quello che potrà avvenire in Libia. La situazione è in continua evoluzione e non è semplice capire come potrà andare a finire. Ma se c’è una cosa che oggi possiamo dire è che Gheddafi aveva terribilmente ragione sui metodi per tenere unita la Libia. Haftar lo ha capito e con lui anche chi lo sostiene, Egitto e Francia, al di la di quello che dicono ufficialmente. Lo capiranno anche a Roma?