Medio Oriente: un errore non credere che Putin stia facendo terribilmente sul serio

27 Dicembre 2018

Se c’è una cosa che accomuna le amministrazioni Obama e Trump è senza dubbio la sottovalutazione delle intenzioni di Putin, il credere follemente che il capo del Cremlino agisca senza avere un piano preciso nel medio e lungo termine per il Medio Oriente.

A Washington sono convinti che il coinvolgimento russo in Siria sia legato solamente alla salvaguardia di Assad al potere finalizzata a mantenere il controllo del porto di Tartus e di qualche base aerea. Le mosse di Putin raccontano però un’altra storia.

Prima di tutto sul rapporto tra Mosca e Teheran è ora di essere chiari. Fino ad oggi Putin ha fatto passare l’idea che la presenza iraniana in Siria fosse per lui quasi un problema. Indispensabile per il momento, sempre per mantenere Assad al potere, ma non per il futuro.

Primo errore. E’ chiaro che tra Mosca e Teheran c’è un accordo che parte da lontano, da prima del coinvolgimento diretto dell’Iran in Siria, un accordo che prevede la presenza fissa degli iraniani in Siria. A dimostralo c’è l’accordo di cooperazione militare firmato in agosto tra Siria e Iran con il tacito consenso della Russia.

Quindi l’Iran non è un alleato occasionale di Putin ma è il maggior alleato della Russia nella regione.

E’ partendo da questo punto che occorre analizzare tutte le mosse russe in Medio Oriente, mosse che non sono solo finalizzate a mantenere qualche base in Siria ma che puntano a influenzare tutti gli equilibri regionali a favore di Mosca e di Teheran.

Non è un caso che il primo a farne le spese sia Israele, cioè la spina nel fianco delle politiche espansionistiche della Zar russo e degli Ayatollah iraniani.

Per molto tempo ci è stato raccontato che Putin fosse amico di Israele per via di un accordo che permetteva in qualche modo allo Stato Ebraico di colpire obiettivi iraniani e di Hezbollah in Siria. Per lo stesso motivo si è creduto che la presenza iraniana in Siria fosse invisa al capo del Cremlino. In realtà Putin ha permesso a Israele di colpire solo obiettivi secondari mentre Hezbollah continuava il suo riarmo e scavava tunnel per invadere la Galilea.

Lo “storytelling” di Mosca successivo all’abbattimento di un aereo russo da parte della contraerea siriana durante un raid israeliano nel mese di settembre dimostra come il Cremlino non aspettasse altro per rompere quell’accordo con Gerusalemme.

Uno storytelling rivisto anche ieri quando secondo Mosca un attacco aereo israeliano in Siria avrebbe messo in serio pericolo due voli civili. Mosca ha duramente criticato il raid aereo israeliano di ieri definendolo “una provocazione”. Toni che fanno pensare che non ci fosse stato tra Mosca e Gerusalemme alcun contatto prima del raid a dimostrazione del fatto che Israele ha capito il doppio gioco di Putin e non avvisa più i russi prima di colpire.

La progressiva uscita degli USA dal Medio Oriente che favorisce la politica di Putin

A questo fosco scenario va aggiunta la progressiva uscita degli USA dal Medio Oriente, una uscita che parte proprio dal punto più delicato, quello siriano, e che di fatto isola Israele.

“Diamo miliardi a Israele. Può difendersi da solo”

In visita in Iraq e sottoposto a domande sul fatto che il ritiro delle truppe USA dalla Siria potrebbe mettere in pericolo Israele isolandolo, il Presidente Trump ha reso ancora più chiara la sua strategia. «Diamo a Israele 4,5 miliardi di dollari l’anno. Possono benissimo difendersi da soli e lo stanno facendo benissimo» ha risposto Trump dimenticando che i miliardi sono 3,5 per di più grazie a un accordo tra Obama e Netanyahu fatto quando ancora l’Iran non era in Siria.

E siamo di nuovo alla sottovalutazione del rischio che rappresenta la politica di Putin in Medio Oriente.

Trump, Come Obama prima di lui, crede ancora che la presenza russa in Siria sia finalizzata al solo mantenimento di un paio di basi e non che sia una parte di un piano più ambizioso di cui fa parte anche l’Iran e dove Israele trova collocazione tra gli ostacoli. Crede che Israele debba affrontare solo la minaccia iraniana e non anche quella russa.

Lawrence Wright nel suo libro “The Looming Tower: Al-Qaeda and the Road to 9/11” cita Osama Bin Laden il quale affermava che ogni volta che i soldati americani iniziano a tornare nei sacchi neri l’America fugge e che quindi «deve solo essere affrontata con due o tre colpi ben assestati, poi fuggirà in preda al panico, come sempre».

Con la politica di Trump non è servito nemmeno assestare “due o tre colpi”, l’America se ne va dal Medio Oriente da sola lasciando campo libero a Putin, con tutto il suo corollario di nazioni canaglia e gruppi terroristici.

E’ un errore gravissimo, questo va detto e ribadito con forza, un errore che rischia di incendiare una regione che non ha bisogno di altri incendi, un errore che non tiene conto del fatto che Putin sta facendo terribilmente sul serio.

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