Uno scoop del Washington Post sta facendo discutere tutto il mondo. Secondo quanto pubblicato dal prestigioso giornale americano la CIA avrebbe appurato che la Russia ha interferito pesantemente nelle elezioni americane al fine di favorire la vittoria di Donald Trump.
Secondo quanto scrive il Washington Post i servizi segreti americani hanno identificato gli individui che hanno fornito a WikiLeaks migliaia di messaggi di posta elettronica che avrebbero contribuito a mettere in difficoltà Hillary Clinton e i suoi più diretti collaboratori tanto da condizionare il giudizio degli elettori. Tali individui sarebbero legati al Cremlino. Secondo quanto scrive il Washington Post la Russia non solo è intervenuta attivamente al fine di favorire l’elezione di Donald Trump ma il suo obiettivo era quello di seminare discordia e minare il sistema elettorale americano. Una accusa gravissima che se venisse provata in maniera indiscutibile corrisponderebbe a un vero e proprio atto di guerra.
Naturalmente noi non siamo in grado di dire se le accuse lanciate dalla CIA alla Russia di Putin siano vere e corroborate dai fatti, tuttavia ricostruendo i fatti degli ultimi mesi appare chiaro che il lavoro degli hacker ai danni di Hillary Clinton ha favorito senza ombra di dubbio l’affermazione di Donald Trump. E questo a prescindere dalla leggerezza usata dalla Clinton nell’usare server non sicuri per la sua corrispondenza quando era Segretario di Stato. Se a questo si aggiunge una massiccia campagna mediatica contro la Clinton fatta di notizie false diventate virali sui social e portata avanti da siti web costruiti ad hoc per tale scopo, la cosa assume ben altre sembianze dal semplice hackeraggio della corrispondenza perché dimostrerebbe come la Russia sia in grado di veicolare una certa quantità di consenso elettorale a favore di un candidato o dell’altro e sia in grado di farlo persino negli Stati Uniti. E allora la domanda da porsi è: se lo ha fatto con gli Stati Uniti lo può fare anche con altri Stati?
A mio modesto parere nell’era del digitale, dei social media e dell’informazione in tempo reale più che dell’hackeraggio di alcuni server lasciati imprudentemente vulnerabili ci dobbiamo preoccupare di un altro aspetto, quello della diffusione di notizie false. La campagna elettorale americana è stata letteralmente inondata da notizie false e non verificate e qualcosa del genere è successo anche nel recente referendum italiano. Questa pratica ha effettivamente un unico comun denominatore e cioè che più o meno tutti i siti che diffondono notizie false sono legati alla propaganda russa. E che la propaganda russa abbia un notevole seguito anche in Italia lo ha dimostrato una inchiesta de La Stampa che risale al 2 novembre scorso nella quale si apriva un sipario tutt’altro che confortante sull’efficienza della propaganda russa nel convogliare consensi verso alcune forze politiche piuttosto che verso altre. E se pensiamo che stiamo per imbarcarci nell’ennesima campagna elettorale tutto questo non può non preoccupare anche l’Italia. Sembra che il “metodo russo” con Trump abbia funzionato e non si vede perché non debba funzionare anche per l’Italia. Non si tratta di contestare la vittoria di Trump, che per inciso per quanto ci riguarda e per quanto riguarda i nostri interessi di amici di Israele potrebbe essere un bene (o comunque il male minore) rispetto all’alternativa Clinton, si tratta di verificare se effettivamente la Russia sia in grado o meno di influenzare il voto in un Paese terzo come per esempio l’Italia.
Abbiamo visto, per esempio, come il M5S usi sistematicamente il metodo Goebbels per fare politica, un metodo che ha ispirato proprio quella lunga concatenazione di siti web e profili social legati alla propaganda russa, la stessa che proprio il M5S unitamente alla Lega porta avanti. E allora, come facciamo a non preoccuparci delle notizie riportate dal Washington Post? Come facciamo a prenderle sottogamba? Naturalmente non possiamo. Tolto il fatto che ormai la questione delle elezioni USA sia chiusa (volenti o nolenti è così) ora ci dobbiamo preoccupare del fatto che quello stesso metodo possa essere veicolato anche in Italia al fine di favorire quelle forze politiche che garantiscono gli interessi russi. Riuscire a fare in modo che ciò non avvenga e che l’informazione non sia “distorta” da notizie inventate o pompate ad arte (vedi il golfino della sig.ra Renzi) è la prossima sfida che ci attende. E se teniamo veramente alla democrazia è una sfida che non possiamo perdere, a prescindere dal nostro credo politico.
Di Bianca M. Bertini