Le proteste anti-iraniane in Iraq non accennano a scemare, anzi, si fanno sempre più massicce soprattutto dove l’Iran dovrebbe avere più appoggio, cioè nell’Iraq del sud sciita.
Ieri le proteste anti-iraniane si sono concentrate nella città santa Najaf dove la polizia, affiancata da “elementi stranieri” identificati dai manifestanti come pasdaran iraniani, hanno aperto il fuoco direttamente sulla folla.
Un manifestante iracheno è stato ucciso mentre altri 35 sono rimasti feriti alimentando così le manifestazioni che ieri sera sono sfociate nell’attacco al consolato iraniano di Najaf.
Il personale diplomatico di Teheran è fuggito da una entrata secondaria mentre i manifestanti davano alle fiamme il consolato iraniano e sostituivano la bandiera iraniana con quella irachena.
Dopo questo attacco le autorità irachene hanno ordinato il coprifuoco che però non è stato rispettato dai manifestanti sempre più inferociti con l’Iran e il controllo che esercita sul governo iracheno.
«Questo attacco segna una pericolosa e inaspettata escalation» ha detto un funzionario iracheno a condizione di anonimato.
In effetti l’escalation non è del tutto inattesa se non per il fatto che a protestare contro l’Iran sono quasi più gli iracheni sciiti del sud (che dovrebbero essere vicini a Teheran) piuttosto che quelli di Baghdad o del nord del paese anche se pure nella capitale le manifestazioni sono massicce.
Sempre ieri infatti a Baghdad la polizia irachena appoggiata sempre da “miliziani stranieri” ha sparato direttamente sulla folla ad altezza d’uomo con proiettili veri uccidendo due manifestanti e ferendone almeno 35.
A Baghdad i manifestanti stanno occupando tre ponti chiave nel centro della città, quello di Jumhuriya, quello di Ahrar e quello Sinar dove sono in corso pesanti scontri. Ieri hanno anche bruciato pneumatici sul ponte di Ahrar per impedire alle forze di sicurezza di accedere all’area.
A Kerbala, altra città santa sciita, quattro manifestanti sono stati uccisi dal fuoco delle forze di sicurezza nelle ultime 24 ore.
A Bassora, nel sud del Paese, i manifestanti hanno bloccato le strade principali che portano al porto commerciale fermando le attività portuali del 50%.
Ormai le protese in Iraq sono apertamente anti-iraniane anche in quel sud del Paese che dovrebbe essere vicino a Teheran e questo preoccupa molto l’Iran che rischia di perdere il suo controllo remoto del Paese e quindi un importante punto di forza del cosiddetto “asse sciita” di cui fa parte anche il Libano dove le proteste si sono indirizzate contro Hezbollah, alleato storico di Teheran.
Ormai le proteste contro il regime iraniano sono dilaganti in Iraq, in Libano e persino nello stesso Iran dove il regime, nel silenzio favorito dall’oscuramento di internet e dall’indifferenza dell’occidente, sta portando avanti una sanguinosa repressione per non rischiare di essere spazzato via.
L’incendio del consolato iraniano di Najaf è un chiaro salto di qualità delle proteste contro il regime degli Ayatollah che adesso per distogliere l’attenzione dalle dilaganti manifestazioni anti-iraniane potrebbe scatenarsi contro Israele.