Quel collegamento tra Islam e immigrazione che in Europa non vedono

28 Aprile 2017

Questa Europa sta cadendo sotto i colpi dell’avanzata islamica e di una pressione migratoria senza precedenti. Il ritorno prepotente di movimenti nazionalisti non è il frutto di una evoluzione del sistema ma è un involuzione dovuta più che altro a un errato concetto di progressismo che negli ultimi anni ha portato all’eccesso il concetto di “accoglienza” e di “integrazione” senza tuttavia che vi siano i presupposti per una simile visione.

In molti sostengono che avanzata islamica e immigrazione siano due fattori direttamente correlati, che a un aumento della pressione migratoria corrisponda una avanzata islamica che specialmente nel nord Europa comincia veramente a farsi sentire. Il concetto, anche se portato agli estremi dai movimenti nazionalisti, non è del tutto errato. La conquista graduale dell’occidente attraverso l’innesto di elementi musulmani nella società occidentale è uno dei cardini della “teoria della gradualità” tanto cara alla Fratellanza Musulmana. Ma è solo una parte del problema.

In queste ore è molto attivo in Italia il dibattito sul ruolo di alcune ONG nel fenomeno migratorio, un ruolo che alcuni considerano “non disinteressato”. Non sappiamo se tutto ciò corrisponda a verità. Il sospetto che alcuni abbiano approfittato del business della immigrazione è molto forte, ma per queste cose ci sono i magistrati. Il problema vero e un altro. Possiamo reggere una pressione migratoria di questo livello? O meglio, la società europea può reggere al tentativo più che palese di cambiare i valori su cui si basa attraverso l’innesto crescente di persone che non accettano quei valori?

Il tentativo di integrare il mondo islamico in Europa è fallito, non per mancanza di impegno da parte degli europei ma per il rifiuto totale da parte del mondo islamico di quelle regole che proprio noi europei ci siamo dati. E’ fallito perché il mondo islamico considera le nostre leggi e i nostri trattati secondari rispetto alla legge islamica. E il fatto che nel nome di un progressismo senza un briciolo di coerenza si sia accettato tutto questo non ha certamente aiutato. Anzi, paradossalmente è proprio il progressismo portato agli estremi a spingere decine di migliaia di persone a premere sui confini europei nella speranza di entrare in un’area nella quale tutto o quasi gli viene permesso. Certo, la povertà e i tanti conflitti sono un fattore importante nello spingere decine di migliaia di persone a lasciare i loro paesi, ma se guardiamo i paesi di provenienza degli immigrati possiamo scoprire con facilità la stragrande maggioranza di loro non proviene né da paesi estremamente poveri né da paesi in guerra. Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale risalenti al 2015 il PIL (Prodotto Interno Lordo) dell’Africa crescerà cumulativamente del 26,3 per cento nel periodo che va dal 2015 al 2020 (nello stesso periodo per l’area UE la crescita cumulativa prevista è del 10,6 per cento). Quindi non mancano certamente le opportunità di sviluppo e di crescita. Eppure il sogno è l’Europa. Perché?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare qualche considerazione e al limite sforare un po’ nel complottismo spicciolo. Partiamo dai numeri. L’Africa è il continente con il più alto tasso di crescita demografica e soprattutto con il più alto tasso di giovani sotto i 25 anni. Per quanto la crescita africana sia imponente non basta a dare ai giovani africani le possibilità di una vita degna e per questo molti di loro cercano fortuna da altre parti. Fino a qualche anno fa l’emigrazione africana avveniva per lo più verso altri paesi africani, cioè era interna alla stessa Africa. Da qualche anno però la situazione è cambiata e da una emigrazione interna all’Africa siamo passati a un aumento della emigrazione verso l’Europa. Ben inteso, l’emigrazione interna rimane ancora di molto superiore a quella verso l’Europa o verso altri Paesi (molto forte quella verso i Paesi del Golfo), ma quella verso l’Europa ha subito una crescita davvero impressionante, specialmente quella proveniente dall’Africa occidentale e dal Maghreb. Perché proprio da quella zona e non, per esempio, da aree in guerra come il Congo, il Corno d’Africa, il Sud Sudan ecc. ecc.? E per rispondere a questa domanda potremmo entrare nel complottismo, però cercheremo di essere razionali.

Da anni in Africa occidentale e nel Maghreb sono attive organizzazioni ben strutturate che forniscono a chi vuole emigrare un vero e proprio servizio di trasporto. Se da un lato queste organizzazioni sono servite a diminuire drasticamente i morti nella tratta che attraversava il deserto del Sahara, dall’altro hanno favorito un drastico aumento delle persone che invece di cercare lavoro in Africa cercano di emigrare in Europa. Ebbene, nella maggioranza dei casi queste organizzazioni sono riconducibili a enti islamici. E’ vero che in quell’area gli enti islamici sono praticamente egemoni rispetto ad altri enti e quindi potremmo essere di fronte a un fatto logico, ma siccome a pensar male si fa peccato ma spesso ci si prende e dato che noi siamo un po’ malvagi ci viene da pensare che il fatto non sia affatto casuale. Come si spiega il fatto che un africano che arriva al massimo a guadagnare 100 dollari al mese (se gli va bene) possa spendere migliaia di dollari per raggiungere l’Europa? Dove li prende quei soldi? O meglio, chi glieli da quei soldi? Chi garantisce per lui presso i trafficanti di esseri umani? E qui tornano in ballo le organizzazioni musulmane che operano in Africa occidentale e in Maghreb. Noi siamo fermamente convinti che siano queste organizzazioni a organizzare il tutto, non solo perché dispongono di ingenti somme donate per lo più da Arabia Saudita e Qatar, quanto piuttosto perché riteniamo che alla base di questo “finanziamento alla immigrazione” vi sia un disegno preciso che punta direttamente a islamizzare l’Europa.

Ed ecco, sempre secondo noi, il collegamento tra islam e immigrazione che in Europa stanno sottovalutando. Troppo complottisti? Forse, ma più andiamo avanti a scavare e più troviamo le organizzazioni islamiche dietro al fenomeno migratorio e la cosa non può non preoccuparci ma soprattutto non può non sollevare legittimi dubbi. Che poi ci siano ONG che da tutto questo ci guadagnano è un fattore certamente importante ma secondario rispetto a tutto il resto.

Cosa fare? Onestamente non abbiamo una risposta a questa domanda. Di certo aiuterebbe fare chiarezza sul nesso tra organizzazioni islamiche e immigrazione, prenderne almeno coscienza. Aiuterebbe parlarne in Europa in modo costruttivo e senza tacciare di razzismo o populismo tutti coloro che vedono nel fenomeno migratorio un rischio serio per la nostra collettività e per il nostro tipo di intendere la società. Nessuno, credo, vuol far morire i migranti in mare, ma noi crediamo che il problema debba essere affrontato anche sotto l’aspetto delle garanzie per le popolazioni europee anche pretendendo che le basi su cui si fonda la nostra società vengano rispettate da chi vi chiede di entrarne a far parte. Continuiamo a chiedere, per esempio, la messa al bando della Sharia e della Fratellanza Musulmana. Specialmente la legge islamica non ha niente a che vedere con le nostre leggi, lo abbiamo detto più e più volte.

Crediamo quindi che in Europa si sia arrivati a un punto di svolta: o ci decidiamo a difendere le basi della nostra civiltà pretendendo il rispetto delle nostre leggi oppure rassegnamoci a lasciare che l’Europa venga spazzata via da questo fenomeno e, come conseguenza, dai movimenti nazionalisti che in mancanza di qualsiasi reazione di autodifesa vedono nella chiusura delle frontiere l’unico modo di arginare quella che in tanti, non proprio a torto, chiamano invasione.

E ancora dobbiamo sapere cosa farà Erdogan con i milioni di siriani che usa come un’arma per tenere sotto scacco l’Europa.

Franco Londei

Esperto di Diritti Umani, Diritto internazionale e cooperazione allo sviluppo. Per molti anni ha seguito gli italiani incarcerati o sequestrati all’estero. Fondatore di Rights Reporter

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