Fiumi d’inchiostro per non dire che la questione palestinese è stata rinviata a tempo indeterminato. I giri di parole e le acrobazie che stanno facendo media e organi ufficiali dopo la visita del genero di Trump, Jared Kushner, a Gerusalemme e a Ramallah nel tentativo di riavviare i colloqui tra israeliani e palestinesi, nascondono solo l’impossibilità di avvicinare le parti e quindi un sostanziale rinvio della questione palestinese a tempi migliori.
Che la questione palestinese non fosse una priorità per nessuno è ormai chiaro da tempo. Al di la della mera propaganda, in questo momento sia Mahmoud Abbas (Abu Mazen) che Benjamin Netanyahu hanno ben altro a cui pensare. Il primo è impegnato a far fuori Hamas e a contrastare l’ascesa ai vertici della Autorità Palestinese di Mohammed Dahlan, fortemente sostenuto da Egitto e Paesi del Golfo, il secondo con il grattacapo iraniano (sempre più minaccioso) e con le pressioni interne della destra israeliana poco incline a concessioni e a trattative. Il risultato è che nessuno si muove dalle proprie posizioni vanificando ogni sforzo fatto da Kushner per portare i due quantomeno a vedersi.
Ieri Jared Kushner ha incontrato Abu Mazen a Ramallah e alla fine dell’incontro si è detto “ottimista” ma ha ammesso che «ci vorrà diverso tempo per forgiare la pace», un modo elegante per dire che non ha ottenuto nemmeno un incontro informale tra i due leader.
Intendiamoci, un tentativo Jared Kushner doveva farlo, non fosse altri che per certificare l’interesse della Casa Bianca alla questione palestinese e alla pace tra israeliani e palestinesi. Ma da qui ad essere ottimisti ce ne passa.
La realtà dei fatti è che la questione palestinese non interessa più nessuno, tanto meno agli arabi, e che ci sono altre priorità da affrontare con urgenza in Medio Oriente, a partire dal pericolo iraniano sempre più imminente fino a una possibile escalation a Gaza.
Gli unici che continuano imperterriti a interessarsi della questione palestinese sono i tanti che con questa farsa ci fanno affari milionari, le agenzie ONU, le ONG e le centinaia di associazioni di odiatori che non vogliono mollare il business che la questione palestinese rappresenta.