Trump non ha detto la verità. 11 soldati americani feriti nell’attacco iraniano

17 Gennaio 2020

Fino a ieri gli americani avevano giurato e spergiurato che nell’attacco iraniano contro le basi americane in Iraq, attacco di ritorsione per l’uccisione del Generale iraniano Qassem Soleimani, non c’erano stati né morti né feriti. Ieri il Pentagono ha ammesso che invece ci sono almeno 11 militari americani feriti in modo serio per “lesioni celebrali da trauma”.

Lo ha ammesso con una nota il portavoce del comando centrale degli Stati Uniti, il capitano Bill Urban, il quale ha precisato che otto militari americani sono stati trasportati all’ospedale militare di Landstuhl, in Germania, a causa del loro stato mentre altri tre sono stati trasportati al centro medico della base di Camp Arifjan, in Kuwait.

Questa tardiva ammissione, dove tra le altre cose di parla anche di altri feriti per lesioni da trauma, arriva giorni dopo che il Presidente americano, Donald Trump, era apparso in TV per affermare che non c’erano stati né morti né feriti a seguito dell’attacco iraniano mentre da Teheran parlavano di almeno 80 vittime.

Il portavoce del Pentagono ha affermato che questa “discordanza” tra le due dichiarazioni deriva dal fatto che i militari feriti avrebbero manifestato problemi sono qualche giorno dopo, ma sinceramente non ha convinto nessuno.

Ora la domanda che sorge spontanea è: se il Presidente Trump era a conoscenza di questi fatti, perché non ha reagito all’attacco iraniano? E ancora, se non ha detto la verità su un fatto così importante, cos’altro ha omesso di dire?

Già qualche giorno fa avevamo segnalato che in tutta questa faccenda c’erano più domande che risposte e la tardiva ammissione del Pentagono conferma in qualche modo che tutta questa vicenda non è affatto chiara.

E torna prepotente l’ipotesi che il vero obiettivo dell’attacco americano che ha ucciso Soleimani fosse in realtà Abu Mahdi al-Muhandis, responsabile degli attacchi all’ambasciata americana di Baghdad e quelli contro le basi americane in Iraq (morto anche lui nell’attacco) e che quindi il Generale iraniano fosse stato ucciso per una serie di coincidenze.

Non si spiega altrimenti né il comportamento iraniano (la risposta telefona) né quello americano, quasi intimorito (per non dire impreparato) dal dare il via a un conflitto aperto con l’Iran. Comportamenti strani ai quali si aggiunge il sostanziale silenzio russo e cinese su tutta questa strana vicenda archiviata sin troppo in fretta.

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