Jamal Khashoggi è stato ucciso nel consolato saudita di Istanbul, ormai non ci sono più dubbi. Ma perché questo caso ha fatto così tanto scalpore quando nel mondo islamico ogni giorno spariscono o vengono incarcerati centinaia di giornalisti critici con i regimi islamici dei loro Paesi? Cosa aveva Jamal Khashoggi che gli altri giornalisti non hanno?
Pensate solo a una cosa: il più grande accusatore dell’Arabia Saudita per il caso di Jamal Khashoggi è la Turchia di Erdogan, cioè quel Paese dove in questo momento sono centinaia i giornalisti incarcerati per aver criticato il regime. Se Erdogan ha vinto le elezioni è perché la libertà di stampa in Turchia è un puro eufemismo. Eppure il Califfo turco sembra così “indignato” per l’omicidio di Jamal Khashoggi tanto da apparire quasi come un difensore della libertà di stampa. Oggi dovrebbe andare persino in TV per spiegare al mondo come e perché il politico/giornalista dissidente saudita è stato ucciso.
Anche l’ipocrisia deve avere un limite
Intendiamoci, nessuno intende sminuire la gravità di questo omicidio, a prescindere dal fatto che il povero Khashoggi facesse più politica a favore della Fratellanza Musulmana che giornalismo puro e semplice. Però ci deve essere un limite anche all’ipocrisia. I media arabi sono pieni di articoli indignati che accusano il Principe Ereditario saudita, Mohammed bin Salman, di aver premeditato e messo in atto questo omicidio. Tutto giusto, tutto vero, ma chissà perché non c’è un solo media nel mondo islamico che ponga l’accento sulle centinaia di giornalisti uccisi o incarcerati in Turchia, in Iran, nella stessa Arabia Saudita, in Kuwait e in altri Paesi musulmani. Eppure l’omicidio di Jamal Khashoggi e la ridondanza mediatica che ha ottenuto a livello globale, sarebbe l’occasione giusta per farlo, per sbattere in faccia al mondo quanto pericoloso sia fare il giornalista in questi Paesi.
La realtà è che se Jamal Khashoggi fosse stato un giornalista turco o iraniano, giusto per fare un paio di esempi, nessuno ne avrebbe parlato, nessuno si sarebbe indignato e la stampa internazionale lo avrebbe bellamente ignorato così come ha fatto altre centinaia di volte.
Ma questa volta c’è la possibilità di attaccare direttamente il regime saudita e più precisamente Mohammed bin Salman, colui cioè che nel bene e nel male ha imposto all’Arabia Saudita un riposizionamento strategico ed economico mai visto prima nel mondo arabo e più in generale in quello islamico.
Attenti, non stiamo dicendo che Mohammed bin Salman sia un santo, anzi, è sicuramente uno degli uomini più scaltri e crudeli del mondo arabo, ma mai come ora viene in mente quel paradosso che vuole il bue dare del cornuto all’asino.
La cruda realtà è che l’omicidio di Jamal Khashoggi ha dato la possibilità ai sostenitori della Fratellanza Musulmana, che trovano ampio spaio nei media occidentali, di attaccare il loro più acerrimo nemico, quel Mohammed bin Salman che con spietatezza stava rivoluzionando le politiche in Medio Oriente, dove la spietatezza non di rado viene considerata un pregio o quanto meno una esigenza.
La cosa curiosa è che nemmeno i media occidentali hanno approfittato di questo caso mediatico per denunciare le condizioni in cui versano centinaia di giornalisti nel mondo islamico. Si sono semplicemente posti come megafono di Erdogan e di coloro che appoggiano la Fratellanza Musulmana e osteggiano il nuovo corso saudita. Se non è ipocrisia questa allora cos’è?