In questi giorni in cui si parla di processo di pace in Medio Oriente nel quale, secondo le menti di chi lo porta vanti, Israeliani e palestinesi dovrebbero vivere in due stati separati ma in pace tra loro e reciprocamente riconosciuti, è bene fare mente locale su come la pensino i palestinesi in merito a Israele perché questo ci porterà immancabilmente a ragionare sul perché da tanti anni si cerchi senza riuscirci di di arrivare a un accordo di pace definitivo e, soprattutto, di chi è la colpa.
Per capire il pensiero palestinese non dobbiamo andare molto lontano, basta leggere l’editoriale di Khalid Amayreh su Al-Qassam nel quale il famoso giornalista palestinese vomita veleno sull’olocausto ma soprattutto ritiene che il vero crimine nazista non sia stato uccidere milioni di ebrei ma, proprio a causa di questo, favorire la nascita dello Stato di Israele.
Khalid Amayreh sostiene che la Germania nazista ha commesso due enormi crimini contro l’umanità. Il primo è stato l’olocausto (anche se Amayreh solleva Hitler dall’essere il più grande genocida della storia attribuendo a Stalin un numero di morti maggiori) e il secondo, in conseguenza del primo, favorire la nascita di Israele, uno Stato illegale nato proprio con la “scusa” dell’olocausto. Quindi, secondo il pensiero palestinese, di certo l’olocausto è stato un crimine ma non è niente in confronto al fatto che abbia favorito la nascita di Israele.
Ora, ragioniamo un attimo su questa filosofia di pensiero largamente diffusa tra i palestinesi e, quello che è peggio, inculcata anche nelle nuove generazioni. Come si può pretendere di arrivare alla pace con persone che ragionano in questo modo, che si autodefiniscono “un popolo” anche se non hanno alcuna storia, ma negano l’esistenza di un popolo dalla storia millenaria? Come possono pretendere i burocrati da strapazzo come John Kerry o Catherine Ashton che Israele ceda a queste persone che parlano della nascita di Israele come un crimine addirittura maggiore dell’olocausto e l’unica colpa che attribuiscono al nazismo è quella di aver favorito proprio la nascita di Israele? Come si può pretendere di raggiungere un accordo di pace quando manca la condizione principale, cioè il riconoscimento da parte dei cosiddetti palestinesi di Israele? Ho detto “cosiddetti palestinesi” non a caso, perché ritengo che sia arrivato il momento di pretendere il riconoscimento di Israele in cambio di quello palestinese e non di accettare, come avvenuto fino ad ora, di non essere riconosciuti ma di riconoscere la Palestina. La cosa deve essere reciproca e fino a quando i palestinesi non riconosceranno Israele, gli israeliani dovranno fare altrettanto con la Palestina che per altro, come abbiamo più volte detto, è una invenzione di sana pianta in configurazione anti-israeliana.
Ma sostenere questa linea, che in qualsiasi altro contesto sarebbe la normalità (il reciproco riconoscimento è il primo passo di una trattativa di pace), non vale stranamente con la Palestina sulla quale invece si pretende un riconoscimento israeliano ma dalla quale non si pretende il riconoscimento di Israele e, addirittura, si arriva ad accettare queste ipotesi nazistoidi secondo le quali il crimine più grande dei nazisti sarebbe stato quello di dare la possibilità agli ebrei di crearsi un proprio Stato, Israele.
E non facciamo illusioni sul fatto che il pensiero espresso da Khalid Amayreh sia solo il pensiero personale di una singola persona, è il pensiero dominante tra i palestinesi di cui Hamas e la sua testata, Al-Qassam, sono i portavoce ufficiali a dispetto del fatto che si attribuisca questo ruolo alla ANP (che per altro condivide in pieno lo stesso pensiero). Intanto su Israele continuano a piovere missili con cadenza quasi quotidiana, gli ultimi due solo ieri sera.
Miriam Bolaffi