Anche Israele partecipa alla task force a guida USA nel Golfo Persico per tenere in sicurezza le rotte del petrolio dagli attacchi dei pasdaran iraniani.
Lo ha rivelato il Ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, durante un breafing a porte chiuse del Comitato per gli affari esteri e la difesa.
Il Ministro Katz ha tuttavia precisato che Israele non invierà unità navali nel Golfo Persico ma che si limiterà a fornire alla coalizione a guida americana «dettagliate informazioni di intelligence» utili alla task force per prevenire gli attacchi dei pasdaran alle petroliere.
Katz ha affermato che l’iniziativa fa parte del tentativo di Israele di contrastare l’espansionismo iraniano, rafforzando al contempo i legami di Israele con le nazioni arabe sunnite.
Secondo Lior Akerman, analista politico israeliano e generale di brigata in pensione, il coinvolgimento di Israele nella coalizione guidata dagli Stati Uniti è una mossa politica, non militare.
«Da un punto di vista militare e commerciale, Israele non ha alcun interesse diretto a combattere con gli iraniani nel Golfo Persico», ha detto Akerman il quale sostiene che la mossa è volta principalmente a rafforzare le relazioni tra Israele e gli Stati Uniti.
«Il presupposto è che il contributo di Israele sarà principalmente nella tecnologia, nell’intelligence e nella fornitura di una piattaforma terrestre per le forze americane», ha detto Akerman, aggiungendo che la cooperazione ha il vantaggio di mostrare al mondo che Israele non ha paura di affrontare l’Iran.
Secondo Ahmed Obaid Saif, analista e scrittore politico degli Emirati, Israele si sta anche coordinando con diversi paesi arabi che condividono con Israele la preoccupazione in merito all’espansionismo iraniano.
Le polemiche
Non mancano tuttavia le polemiche, a partire dal mondo arabo. Secondo Nizar Abd al-Qadir, un analista di sicurezza libanese, ha dichiarato a The Media Line che il contributo di Israele alla coalizione americana è più una responsabilità che un vantaggio.
«Israele che agisce come una superpotenza regionale in assenza di pace con i palestinesi è sbagliato, soprattutto con le sue attuali politiche coloniali in Cisgiordania» ha detto al-Qadir.
L’analista libanese sostiene che la vera intenzione di Israele sarebbe quella di rendere il Mar Rosso un’area di influenza per la marina israeliana.
«È un’area aperta al Mar Arabico, al Golfo di Oman e all’Oceano Indiano. L’influenza che Israele otterrà minaccerà la sicurezza della regione in un secondo momento» ha sostenuto Al-Qadir.
Critico, seppure per ragioni diverse, anche Alon Pinkas, analista politico ed ex console generale israeliano a New York, il quale sostiene che non sarebbe utile per Israele far parte della missione di sicurezza marittima a guida USA.
«Questa decisione complica la posizione di Israele» sostiene Pinkas. «Molti Paesi arabi potrebbero non gradire che lo Stato Ebraico venga coinvolto in questa operazione e le migliorate relazioni con diversi Paesi del Golfo ne potrebbero risentire».
(Articolo scritto dallo staff con il contributo di The Media Line)
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