Al di la delle opinioni personali sulla scelta di rimuovere i metal detector dall’ingresso del Monte del Tempio a Gerusalemme, dai recenti fatti accaduti a seguito della decisione israeliana di aumentare i controlli dobbiamo trarre una importante lezione: i musulmani non sono uguali agli altri.

Non siamo noi a dirlo, solo loro a certificarlo con una sorta di autodenuncia che oggi l’editorialista di Yedioth Ahronoth, Ben-Dror Yemini, definisce “sindrome delle basse pretese”, una sorta di sindrome di inferiorità che spinge i musulmani a isolarsi rispetto al resto del mondo, rispetto al progresso, rispetto alla civiltà, una sindrome che quando evidenzia la loro arretratezza rispetto al mondo civile e ne sancisce l’impossibilità alla coesistenza sfocia nella violenza più bieca nei confronti di chi non è arretrato come loro.

Intendiamoci, l’essere arretrati e conseguentemente violenti non dipende solo dai musulmani ma anche da chi permette loro di essere “diversi”, da chi chiude gli occhi di fronte al loro categorico rifiuto del secolarismo e del progresso, a chi non fa un fiato di fronte alla loro evidente prepotenza e magari continua a chiamarli “angeli della pace”, quegli stessi che sono rimasti silenti quando uno dei più importanti leader del mondo musulmano, Yusuf al-Qaradawi, ha invitato i fedeli musulmani di tutto il mondo a «finire il lavoro iniziato da Hitler», cioè a uccidere ogni ebreo sulla terra. I musulmani possono pubblicare di tutto sui loro media, inviti a uccidere gli infedeli, a massacrare gli ebrei possono pubblicare cartoni antisemiti sicuri che nessuno solleverà la minima obiezione. In Italia c’è un gruppo Facebook chiamato “siamo fieri di essere musulmani” che pochi giorni fa ha pubblicato un invito esplicito a uccidere tutti gli ebrei (qui trovate lo screenshot), eppure nonostante le moltissime segnalazioni anche alle autorità, ancora nessuno ha rimosso quell’invito e il gruppo rimane tranquillamente online a distribuire odio. Altro che religione di pace.

Quanto successo al Monte del Tempio con le violentissime proteste per l’installazione di semplicissimi metal detector è l’esatta interpretazione di quanto il mondo musulmano si consideri diverso, persino al di sopra delle leggi. Si sentono autorizzati a fare qualsiasi cosa, inviti espliciti a uccidere gli infedeli, a mettere gli stessi metal detector alla Mecca e a Medina, addirittura a mettere braccialetti elettronici a un certo tipo di pellegrini, ma se lo fanno gli altri è un “insulto all’Islam”. Ricordate le vignette sul Profeta Maometto pubblicate in Danimarca? Ricordate le violentissime proteste che ne seguirono in tutto il mondo islamico? Ricordate che fine fece il regista olandese Theo van Gogh, sgozzato in strada per aver prodotto il video “Submission” che denunciava i maltrattamenti delle donne nell’islam? Ricordate cosa successe a Charlie Hebdo per aver pubblicato alcune vignette satiriche su Maometto? Sembra passato un secolo invece succedeva appena ieri.

Da quanto successo a Gerusalemme dobbiamo trarre un insegnamento e non solo dalla vicenda dei metal detector ma anche dal chiaro tentativo musulmano di riscrivere la storia attraverso ridicole e assurde risoluzioni dell’UNESCO. Il cedimento di Netanyahu alle violenze islamiche, un cedimento giustificato da tante ragioni impellenti di cui magari parleremo in altra sede, ci deve far capire che i musulmani non sono come noi. Non lo diciamo perché siamo islamofobi ma perché sono gli stessi musulmani a dimostracelo e persino a rivendicalo con le loro azioni, con le loro violenze.

Forse è arrivato il momento che l’occidente tutto ne prenda coscienza, che prenda coscienza che non è possibile convivere con chi vuole imporsi usando la violenza, con chi rifiuta il progresso, con chi nel nome di Allah rifiuta qualsiasi forma di democrazia e rinnega le leggi che ci siamo dati.

Parafrasando una vecchia battuta di Giobbe Covatta sui napoletani, non siamo noi che siamo islamofobi, sono loro che sono musulmani. Questo ci deve insegnare la vicenda di Gerusalemme.