Medio Oriente: Unione Europea portavoce-zerbino dei palestinesi

1 Marzo 2018

Medio Oriente (Rights Reporter) – La diplomazia europea si sarebbe attivata, su esplicita richiesta palestinese, per convincere/costringere il Presidente Trump a cambiare l’annunciato piano di pace sul conflitto israelo-palestinese che secondo indiscrezioni Washington dovrebbe presentare a breve. Lo riferisce il giornale pan-arabo Al-Hayat.

Come aveva annunciato Federica Mogherini pochi giorni fa, l’Unione Europea è fermamente contraria alla presentazione di qualsiasi piano di pace che non comprenda la soluzione a due Stati e, soprattutto, che non preveda i confini sulle linee del 1967.

Secondo attendibili indiscrezioni trapelate lo scorso mese di Gennaio il piano di pace studiato da Donald Trump rivoluziona completamente quanto di poco fatto fino ad oggi per chiudere definitivamente l’annosa questione israelo-palestinese ma soprattutto non prende minimamente in considerazione le assurde richieste palestinesi. Questo non ha fatto infuriare solo i palestinesi ma anche i Paesi europei che con una certa arroganza vorrebbero imporre a Israele di accettare gli assurdi diktat arabi.

Secondo quanto scrive Al-Hayat, solitamente ben informato, la diplomazia europea si sarebbe quindi attivata come “rappresentante delle istanze palestinesi” su esplicita richiesta del Presidente della Autorità Palestinese, Mahmud Abbas (Abu Mazen), per convincere/costringere il Presidente americano a cambiare se non cancellare il piano di pace per il Medio Oriente studiato dalla sua amministrazione.

Fonti diplomatiche occidentali hanno confermato che i colloqui tra Washington e Bruxelles sono effettivamente in corso ma che il Presidente Trump non ha nessuna intenzione di recedere dalla sua proposta di piano di pace in nove punti che in base alle indiscrezioni prevede:

  1. controllo permanente della Valle del Giordano da parte del IDF
  2. la sicurezza di Giudea e Samaria affidata permanentemente a Israele
  3. scambi di terra non basati sulle linee armistiziali del 1967
  4. nessuna evacuazione degli insediamenti già esistenti
  5. Gerusalemme capitale di Israele che avrà il compito di garantire a tutte le religioni l’accesso ai luoghi santi
  6. capitale della Palestina situata ad Abu Dis, una città della West Bank che si trova alla periferia di Gerusalemme
  7. diritto al ritorno per i cosiddetti “profughi palestinesi” affidato a una “giusta soluzione” che comunque non prevede in alcun caso una loro collocazione in Israele
  8. annessione del 10% della Cisgiordania da parte di Israele
  9. riconoscimento da parte dei Paesi arabi di Israele quale “casa nazionale del popolo ebraico” e contestuale riconoscimento da parte israeliana dello Stato palestinese quale “casa nazionale del popolo palestinese”

Al-Hayat riferisce che il ministro degli Esteri palestinese, Riyad al-Malki, parlando ai microfoni della radio ufficiale palestinese Voice of Palestine ha ammesso che «è stato concordato con i paesi dell’Unione Europea di iniziare a muoversi prima che l’amministrazione statunitense annunci il suo piano per la pace in modo da impedire che venisse respinto».

Irrita, francamente, questa completa sudditanza dell’Unione Europea ai desiderata arabo-palestinesi, ma non stupisce. L’Europa è ormai chiaramente e dichiaratamente ostile a Israele. Federica Mogherini è ferocemente anti-israeliana, più ancora di chi l’ha preceduta, quella Catherine Ashton il cui furore anti-israeliano credevamo non potesse essere superato. Francia, Germania e Gran Bretagna contrastano da sempre le decisioni di Trump mentre l’Italia è ormai solo una banderuola senza nessuna linea politica se non quella di seguire il branco.

Alla fine gli unici che non credono più a una soluzione come quella che vorrebbero Unione Europea e palestinesi sono proprio gli arabi che invece vorrebbero chiudere al più presto l’annosa questione e aprire con Israele regolari rapporti diplomatici e militari per riuscire a contrastare quello che è senza dubbio il pericolo più incombete sul Medio Oriente, quello iraniano.

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