Trappole persiane. Perché Netanyahu farà ancora la figura del cattivo

14 Agosto 2024
Netanyahu trappole persiane

Più che di trappole persiane dovremmo parlare di trappole persiano-americane perché sembrerebbe che Washington e Teheran si stiano muovendo all’unisono per mettere all’angolo il Premier israeliano, Benjamin Netanyahu, e costringerlo ad accettare un accordo che assomiglia moltissimo a una resa.

Ieri sera l’Iran ha fatto sapere che se giovedì verrà firmato un accordo per il cessate il fuoco a Gaza potrebbe rivedere la sua volontà di “punire” Israele per l’affronto fatto ai Guardiani della Rivoluzione Islamica (IRGC) in occasione dell’eliminazione del capo di Hamas, Ismail Haniyeh, avvenuto a Teheran e del quale l’Iran accusa lo Stato Ebraico.

Dunque, a parte che è ormai una settimana che ogni giorno a Teheran cambiano idea almeno due volte al giorno sulla strombazzata “punizione” a Israele, la verità è che si sono accorti di averla fatta fuori dal vaso e adesso cercano di rimediare per non dare a Gerusalemme la scusa buona per bombardare infrastrutture e centrali atomiche in Iran.

Da esperti mistificatori quali sono, i persiani si sono auto-invitati ai colloqui per il cessate il fuoco a Gaza che si terranno giovedì 15 agosto in Qatar.

Nel loro romanzo, rappresenteranno gli interessi di Hamas che ha già fatto sapere che in Qatar non ci sarà come forma di protesta per l’operazione condotta dagli israeliani contro una cellula di terroristi che facevano base in una scuola.

Dove sta il punto? Sta nel fatto che l’accordo di cessate il fuoco così come esposto dal gruppo di negoziatori (Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia) presenta un punto che Israele non può accettare: la cessione del controllo del Corridoio Filadelfia, di quella striscia di terra cioè piena di tunnel e passaggi attraverso la quale Hamas si rifornisce di armi e missili con la complicità egiziana. Perché il problema della complicità egiziana o prima o poi andrà affrontato.

Poi c’è un altro problema non da poco. In cambio della consegna degli ostaggi Hamas chiede la liberazione di decine di terroristi tra i quali Marwan Barghuthi.

Ora, Barghuthi non è proprio uno qualsiasi. Condannato a cinque ergastoli, ha le mani impregnate di sangue israeliano. In occidente i pro-pal lo considerano una sorta di Mandela palestinese. In realtà è uno spietato assassino non dissimile da Yahya Sinwar. Israele non lo può liberare.

Questi due enormi punti di attrito li conoscono tutti, americani e arabi, eppure continuano ad affermare che un accordo sarebbe a portata di mano. Beh, non mi sembra proprio.

Cosa succede a questo punto? Che se non si raggiunge un accordo la colpa sarà di Netanyahu che fa di tutto per non permettere ad Hamas di cavarsela. La pensano così tutti quanti, a partire dagli americani che vogliono un cessate il fuoco a tutti i costi.

E chissà perché ho l’impressione che Washington e Teheran siano più in contatto di quanto vogliano far credere.

Un cessate il fuoco a Gaza è nell’interesse di entrambi. Gli americani ne hanno bisogno per placare l’ira dei musulmani americani e ottenere così i loro voti, i persiani ne hanno bisogno perché scongiurerebbero l’ipotesi di una “punizione a Israele” e diverrebbero gli eroi di tutto il vasto fronte antisemita arabo sunnita che non si riconosce negli Accordi di Abramo.

Male che vada possono sempre incolpare Netanyahu.

Maurizia De Groot Vos

Italo-Israeliana, Analista senior per il Medio Oriente. Detesta i social ma li ritiene un male necessario. Vive a Bruxelles

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