Cosa sarebbe Israele senza il sostegno americano?

Dice giustamente il Ministro israeliano della Difesa Yoav Gallant a quei fanatici che criticano gli Stati Uniti: «l'aeronautica è costruita su due componenti: aerei americani e piloti israeliani. Se avete un'alternativa per uno di loro, fatemi sapere»

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Franco Londei
Franco Londeihttps://www.francolondei.it/
Esperto di Diritti Umani, Diritto internazionale e cooperazione allo sviluppo. Per molti anni ha seguito gli italiani incarcerati o sequestrati all’estero. Fondatore di Rights Reporter

Cosa sarebbe Israele senza gli Stati Uniti? Cosa sarebbe senza le armi e l’addestramento forniti da Washington a Gerusalemme? Senza gli aerei e i fondi per acquistare materiale bellico da terzi?

Lo ha spiegato bene il Ministro della difesa israeliana, Yoav Gallant, ai suoi colleghi che durante l’ultimo briefing imprecavano contro Joe Biden reo di aver criticato una riforma giudiziaria che piace solo agli estremisti e a chi fa comodo, come al Premier Benjamin Netanyahu.

Stufo di sentire le idiozie sugli Stati Uniti e sulla decisione di centinaia di piloti israeliani riservisti di non partecipare alla riserva volontaria e quindi di non volare mettendo a repentaglio la sicurezza di Israele, ha detto: «l’aeronautica è costruita su due componenti: aerei americani e piloti israeliani. Se avete un’alternativa per uno di loro, fatemi sapere».

Gallant ha aperto improvvisamente gli occhi ai suoi colleghi estremisti che chissà come credono di poter fare a meno del sostegno degli Stati Uniti.

E spero che abbia aperto gli occhi anche a tutti quei giornalisti (e codazzi al seguito) che quotidianamente insultano il Presidente degli Stati Uniti rimpiangendo quel criminale di Donald Trump che oltre a riconoscere Gerusalemme quale capitale di Israele, al pari di Netanyahu non ha fatto poi un gran che, specialmente con l’Iran.

Quel Trump che non ha fatto niente nemmeno dopo un attacco iraniano contro una base americana che tra le altre cose ha provocato il ferimento di 11 militari americani. Un incredibile segno di debolezza e vigliaccheria seguito da altri episodi minori dove gli Ayatollah hanno fatto quello che volevano, compreso colpire impunemente il più importante alleato dell’America nel Golfo Persico, l’Arabia Saudita.

Ora, per tutti coloro che rimpiangono Trump vale la pena ricordare che fu l’odiato Obama (odiato anche dal sottoscritto), poco prima della fine del suo secondo mandato, ha firmare il pacchetto decennale di 38 miliardi di dollari in aiuti militari a favore di Israele e che Trump si limitò solo a “consegnarlo”.

Proprio oggi Israele conferma l’acquisto di altri 25 caccia F-35 dagli Stati Uniti ad ulteriore riprova che lo Stato Ebraico non potrebbe difendersi senza l’indispensabile appoggio di Washington.

Ora, se Netanyahu per i suoi affari mette in discussione l’alleanza con gli Stati Uniti, è grave dargli del pazzo incosciente? Se gli estremisti di destra e gli ultra-ortodossi al governo con lui insultano quotidianamente il Presidente Biden perché, da alleato, si permette di fare una critica legittima alla riforma giudiziaria israeliana, cosa bisogna attendersi dal futuro delle relazioni tra Gerusalemme e Washington? È sbagliato dire, come fa David Horovitz, che Netanyahu sta portando Israele verso l’autodistruzione?

Cosa pensano di fare senza gli Stati Uniti tutti quei leoni da tastiera che ogni giorno insultano il Presidente americano o sognano addirittura il ritorno del golpista Trump?

Con questo voglio dire che mi piace Joe Biden? Nemmeno per idea, così come non mi piaceva Barack Obama, ma da qui a mettere in discussione il sostegno americano a Israele e le relazioni tra Washington e Gerusalemme ce ne passa.

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