Hamas annuncia tregua con Israele ma Iran e Turchia premono per la guerra

Era appena passata la mezzanotte quando è arrivato l’annuncio da parte di Hamas di un cessate il fuoco. L’aviazione israeliana aveva appena effettuato l’ennesimo raid su postazioni terroristiche nella Striscia di Gaza in risposta all’uccisione di un militare israeliano da parte di un cecchino di Hamas.

Fino a pochi minuti prima sembrava che la situazione stesse precipitando con l’IDF ormai pronto a una operazione di terra su vasta scala nella Striscia di Gaza.

L’ala politica di Hamas ha negoziato il cessate il fuoco con l’Egitto che a sua volta ha fatto da tramite con Gerusalemme. Restano però forti dubbi su quello che faranno le Brigate Izz ad-Din al-Qassam, l’ala militare di Hamas che tutto decide e dispone a Gaza le quali, al contrario dell’ala politica, stanno cercando di fare di tutto per spingere Israele a entrare nella Striscia di Gaza.

L’agguato

cecchino hamasIeri era la giornata perfetta per scatenare la reazione di Israele. Scadeva l’ultimatum lanciato da Gerusalemme affinché Hamas ponesse fine al lancio di missili e ordigni incendiari, ma le Brigate Izz ad-Din al-Qassam avevano organizzato una vera e propria escalation posizionando i loro cecchini in posizioni strategiche vicine al confine con Gaza. Una di queste cellule ha colpito un militare israeliano, poi morto poco dopo a causa delle ferite. Un vero e proprio agguato studiato apposta per innalzare la tensione. E il piano stava funzionando perché la reazione israeliana è stata immediata con oltre 60 raid aerei su postazioni terroristiche nella Striscia di Gaza ma soprattutto con la postazione di cecchini presa immediatamente di mira dall’artiglieria israeliana che ne uccideva due.

Nelle ore immediatamente successive l’ala politica di Hamas, nell’estremo tentativo di evitare che l’IDF entrasse a Gaza, mediava con l’Egitto e con l’inviato dell’ONU una tregua che però appare fragile visto che, secondo l’intelligence israeliana, non ha visto l’adesione delle Brigate Izz ad-Din al-Qassam. Poco dopo la mezzanotte, come detto, l’annuncio della tregua per bocca del portavoce di Hamas, Fawzi Barhoum.

Iran e Turchia soffiano sul fuoco

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Ma la situazione è tutt’altro che calmierata. Le Brigate Izz ad-Din al-Qassam non hanno aderito alla tregua annunciata dall’ala politica di Hamas. Non possono farlo, sono pagate per costringere Israele ad aprire un fronte sud e impegnarsi così in un confitto che immancabilmente toglierebbe risorse dal ben più pericoloso e complesso fronte nord.

Sono due i Paesi che, anche se per motivi diversi, bramano una escalation tra Israele e Hamas e che quindi finanziano e armano le Brigate Izz ad-Din al-Qassam. Il primo è l’Iran, per i motivi espressi sopra, cioè impegnare lo Stato Ebraico su due fronti. Il secondo è la Turchia che invece vuole un pretesto per portare i propri militari nella Striscia di Gaza e da li far partire un piano mirato non solo ad accreditarsi come principale interlocutore per la cosiddetta “causa palestinese” ma anche per scalzare la Giordania come responsabile dei luoghi sacri musulmani a Gerusalemme, un piano denunciato e osteggiato dalla stessa Giordania ma anche dalla Autorità Palestinese e dall’Arabia Saudita.

Ora, è chiaro che con questa situazione il cessate il fuoco annunciato nella notte dall’ala politica di Hamas non ha alcuna possibilità di tenere. A Gaza l’ala politica conta pochissimo mentre l’ala militare controlla tutto con metodi che definire mafiosi è un eufemismo. E’ solo questione di tempo e i terroristi di Hamas, appoggiati anche dalla Jihad Islamica, emanazione diretta di Teheran, torneranno a compiere attentati e provocazioni.

A Gerusalemme nessuno crede che la tregua possa temere e continuano a preparasi al peggio. Nei giorni scorsi diverse postazioni di Iron Dome sono state posizionate a difesa delle maggiori città e degli obiettivi sensibili, un certo numero di riservisti è stato richiamato mentre altri sono stati posti in stato di preallarme.

Ancora ieri il Ministro della difesa, Avidgor Lieberman, in visita alle comunità israeliane lungo il confine con Gaza colpite dagli ultimi attacchi, aveva ammonito che la misura era colma e che sebbene Israele si stesse sforzando per non cadere nella trappola della escalation era pronto per qualsiasi scenario, compresa una azione di terra su vasta scala.

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