È volato in Russia per parlare con il Presidente Putin di Siria e lo hanno fatto aspettare tre ore per poi risolvere poco o niente. Alla Casa Bianca sembrano muoversi in direzione contraria agli interessi di Israele mentre sui fronti nord e sud la tensione si innalza ogni giorno di più. Non sembra essere un buon momento per Benjamin Netanyahu.
Ai giornalisti che erano sull’aereo di ritorno da Sochi, in Russia, dove aveva appena incontrato il Presidente russo Vladimir Putin (che gli aveva fatto fare una anticamera di tre ore), Netanyahu è apparso molto stanco e provato.
Ci sono troppe criticità da gestire nel mezzo di una campagna elettorale che lo potrebbe vedere anche sconfitto.
Ci sono gli Hezbollah a Nord, Hamas al sud, l’Iran in Siria che non vedono l’ora di menar le mani. Poi ci sono le accuse degli avversari politici che lo criticano per non aver risolto i problemi di sicurezza di Israele, soprattutto nel sud del Paese tenuto sotto costante tiro da Hamas.
Martedì prossimo Israele tornerà a votare e i sondaggi danno un testa a testa tra il Likud e il partito Blu e Bianco, guidato dall’ex capo di Stato maggiore Benny Gantz. Si prospetta una nuova ingovernabilità mentre tutto intorno al piccolo Stato Ebraico i nemici si organizzano.
Gli avversari politici, soprattutto Gantz, lo hanno accusato di essere troppo paziente con Hamas, di dare l’impressione di debolezza. Lo hanno persino offeso deridendolo per essere sceso dal palco durante un allarme rosso mentre teneva un comizio ad Ashdod.
«I cittadini israeliani sanno benissimo che agisco in modo responsabile e ragionevole, e inizieremo un’operazione contro Hamas solo al momento giusto» ha detto ieri sera Netanyahu rispondendo alle accuse degli avversar politici. «Non metto in pericolo i nostri soldati e i nostri civili per ottenere applausi».
Ma la sensazione di un Premier accerchiato rimane anche se mi piacerebbe sapere chi degli altri politici avrebbe avuto il coraggio di dare il via a grandi operazioni militari alla vigilia di elezioni, chi di loro avrebbe saputo far meglio di quello che ha fatto Netanyahu per sventare ogni rischio possibile senza tuttavia finire nel vortice di una guerra su larga scala con il paese nel pieno della campagna elettorale.