Nel giorno in cui dal Kurdistan siriano arriva la notizia della morte di Lorenzo Orsetti, un giovane italiano che combatteva a fianco del popolo curdo contro lo Stato Islamico, arrivano anche altre minacce contro questo indomito popolo che non si piega a nessuno.

Iran e Siria hanno infatti minacciato di attaccare le forze curde se le stesse non consegneranno al regime siriano il territorio strappato con enormi sacrifici allo Stato Islamico e non si piegheranno ad Assad.

Il Ministro della Difesa siriano Gen. Ali Abdullah Ayyoub (al centro), il Capo di Stato Maggiore delle forze armate irachene Gen. Othman Al-Ghanimi (a destra) e il Capo dello Stato maggiore delle forze armate iraniane Gen. Mohammad Hossein Bagheri (a sinistra) durante l’incontro di lunedì a Damasco

La minaccia, tutt’altro che retorica, arriva dopo una riunione dei capi militari siriani e iraniani (ai quali si era aggiunto il Capo di Stato Maggiore iracheno) tenutasi ieri a Damasco durante la quale Iran e Siria hanno lanciato due ultimatum alla coalizione curda appoggiata dagli Stati Uniti e agli stessi americani.

Iran e Siria pretendono che gli Stati Uniti lascino immediatamente il territorio del Kurdistan siriano e che le milizie curde consegnino al regime siriano il territorio strappato allo Stato Islamico e che riconoscano Assad come loro presidente.

L’ultimatum non è negoziabile e se i curdi non ottempereranno alle richieste siriane e iraniane verranno attaccati e distrutti.

La cosa curiosa è che né Damasco né Teheran chiedono l’uscita dalla Siria della Turchia che occupa parte del Kurdistan siriano e in particolare la zona di Afrin, Turchia che minaccia ormai da mesi di attaccare i combattenti curdi.

Una ragione in più per gli americani per non lasciare il Kurdistan

Quando le minacce arrivano dai più alti ufficiali militari di due regimi come quello siriano e quello iraniano non possono e non devono essere sottovalutate, tanto più se la minaccia trascura volontariamente di nominare l’occupazione turca di una parte di territorio siriano.

Questa omissione lascia pensare che Siria e Turchia (forse con la mediazione iraniana) abbiano superato le loro divergenze nel nome della lotta al popolo curdo e che il vero obiettivo non sia tanto l’uscita dei militari americani dalla Siria quanto piuttosto la demolizione di ogni velleità curda in merito a qualche forma di indipendenza del Kurdistan siriano, magari sulla falsariga di quella di cui gode il Kurdistan iracheno.

I curdi spaventano i regimi islamici. Gli iraniani ormai da tempo temono la creazione di uno Stato del Kurdistan che per loro potrebbe essere “un nuovo Israele nel cuore del Medio Oriente”, un timore condiviso (per altre ragioni) anche dalla Turchia. Ma fino a pochi giorni fa la Siria non sembrava avere questo timore tanto è vero che lo scorso dicembre Assad ordinò al suo esercito di posizionarsi nell’area di Mambij per proteggere il Kurdistan siriano dall’annunciata invasione turca.

Cosa è cambiato in questi mesi? Perché oggi Damasco (con l’appoggio di Teheran) minaccia i curdi che comunque sono siriani e non la Turchia che occupa una porzione della Siria? Difficile dirlo. Probabilmente (convinti dagli iraniani) pensano che sia più pericolosa l’idea che si formi una enclave curda rispetto al fatto che la Turchia occupi una parte di territorio siriano. Se a questo aggiungiamo che in qualche modo Israele appoggia i combattenti curdi, anche se non abbastanza, il gioco è fatto.

Una cosa è certa: il popolo curdo, unico ad opporsi allo Stato Islamico mentre gli altri stavano subdolamente a guardare, è letteralmente accerchiato da nemici che ne vogliono l’annientamento e che vorrebbero sostituirsi a ISIS. Una ragione in più per non abbandonarli.